Demenza e disturbi neurocognitivi: cosa c’è da sapere?

Demenza e disturbi neurocognitivi: cosa c’è da sapere?

Editato da: Antonietta Rizzotti il 10/03/2021

Il Prof. Francesco Orzi, esperto in Neurologia a Roma ci aiuta a capire meglio le demenze e i disturbi neurocognitivi

Di cosa si tratta?

Conviene introdurre l’argomento precisando il significato di alcuni termini che useremo. E conviene farlo con un esempio, per brevità. Tutti sappiamo per esperienza cos’è un’influenza: quell’insieme di sintomi e segniAnziano che includono febbre, dolori muscolari, debolezza, dolore di testa e difficoltà respiratoria. Questo insieme si chiama sindrome. Alla base dell’influenza c’è un’infezione da virus. L’infezione rappresenta la malattia. E la malattia è causa della sindrome. Il medico, tipicamente, cerca di identificare la sindrome e da qui fa ipotesi su quale sia la malattia che presumibilmente causa quella sindrome. Lo schema sembra semplice, ma spesso non lo è.

Uno dei problemi diagnostici è che il nesso tra sindrome e malattia non sempre è univoco. Diverse malattie possono infatti causare simili sindromi. La stessa malattia può provocare sindromi diverse. Per questo i medici hanno spesso difficoltà a trovare la causa di certi disturbi.

Questo tipo di problema è ben rappresentato nel campo delle demenze. Il problema è anche amplificato, da un equivoco semantico. La parola “demenza” è usata infatti, anche nella letteratura scientifica, a indicare sia la sindrome che la malattia.

Nell’ultima edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5), gli autori propongono di sostituire la parola “demenza” con “disturbo neurocognitivo”. La motivazione di questo cambiamento riguarda soprattutto l’opportunità di combattere lo stigma alimentato dai pregiudizi che la parola demenza ha veicolato negli anni. L’altro aspetto riguarda l’obiettivo di risolvere l’equivoco sopra citato.

Da alcuni anni quindi (Sachdev et al. 2014) si tende a indicare la sindrome con “disturbo neurocognitivo”, mentre la parola “demenza” rimane a indicare la malattia. Sarà quindi appropriato (solo per fare un esempio) dire che la demenza (o malattia) di Alzheimer è causa di disturbo neurocognitivo. Il neurologo, difronte al disturbo neurocognitivo potrà individuare aspetti che suggeriscono una demenza di Alzheimer. Si potrà allora parlare di disturbo neurocognitivo tipo Alzheimer.

Qual è il compito del neurologo?

La questione, ovviamente, non è solo semantica. Il compito diagnostico del neurologo è individuare il tipo di disturbo neurocognitivo e sulla base delle sue specifiche caratteristiche fare inferenze sul tipo di malattia che lo provoca. Il rapporto, però, tra sindrome e malattia è tutt’altro che univoco, contrariamente a quanto si pensava solo pochi anni fa. Abbiamo la stessa malattia (o demenza) che può causare diversi disturbi neurocognitivi e lo stesso disturbo neurocognitivo può essere causato da diverse malattie. Succede così che mentre è spesso relativamente facile riconoscere che esiste un disturbo neurocognitivo, è molto difficile allo stato attuale fare diagnosi sicura di malattia.

Esistono comunque elementi comuni a tutti i disturbi neurocognitivi, elementi che infatti costituiscono i criteri diagnostici: Il Disturbo Neurocognitivo Maggiore è definito come un persistente, progressivo declino in uno o più domini cognitivi, tale da comportare una limitazione significativa nella vita sociale e occupazionale e tale da compromettere l’indipendenza nelle attività della vita quotidiana. Il termine “declino” è usato per indicare una differenza rispetto a un livello di performance precedente.

Ed esistono elementi comuni a tutte le forme di demenze: una patologia neurodegenerativa, a esordio lento, progressiva, in gran parte caratterizzata dall’accumulo di proteine anomale all’interno di neuroni o glia, spesso anche all’interno delle cellule dei vasi sanguigni, o da accumuli di proteine anomale extracellulari, tra una cellula e l’altra.

Neurologia a Roma