Disturbi deliranti: come riconoscerli e in che modo trattarli

Disturbi deliranti: come riconoscerli e in che modo trattarli

Editato da: Sharon Campolongo il 02/05/2023

Come detto nel precedente articolo, l’elemento caratteristico dei disturbi deliranti è la falsa credenza. Approfondiamo ora come riconoscere tali disturbi e come agire in questi casi

Come capire se si è affetti da disturbi deliranti?

Un paziente con disturbo delirante può, a tutta prima, apparire normale.

Se però si entra nel confine del delirio, le convinzioni erronee si evidenziano, talvolta con chiarezza: la persona all’improvviso, su quel tema o in quella condizione o situazione, si blocca, appare allarmato, teso, mette una barriera.

Se si insiste, comincia a difendersi: nega, appare elusivo, evasivo, sembra distratto da altro; poi, se si insiste ancora, può apparire bizzarro, e ciò corrisponde alla stranezza del suo pensiero ad esempio:

  • Se si parla di conti bancari ad un soggetto con delirio di persecuzione che si crede controllato attraverso la TV proprio dalla sua banca, lo si potrebbe vedere zittire il proprio interlocutore, farlo uscire dal salotto dove c’è la TV, parlargli sottovoce per salvarlo da un imminente pericolo e così via;
  • Se qualcuno fa un gesto in generale neutro, come porgere la mano oppure salutare a proprio modo, in presenza di un individuo che pensa che tutti lo accusino di essere omosessuale, e che per il soggetto in questione ha lo specifico significato di insulto sessuale, quest’ultimo potrebbe scappare confuso oppure reagire con aggressività.  Violenza che potrebbe esser più forte se, convinto di avere fuori di casa la CIA per arrestarlo o torturalo. È da ricordare che la sessualità gioca un ruolo, direttamente o indirettamente, importante nei disturbi deliranti.

immagine distorsionata con ragazzo che fa il segno del silenzio

​​Cosa fare in caso di disturbi deliranti?

Da quanto detto, si capisce che il trattamento dei disturbi deliranti è difficile.

Se da sempre una persona è chiusa e sospettosa, se ha sempre avuto un carattere diffidente e vede che gli altri individui sono tutti d’accordo per non farlo arrivare a sera sano e salvo, allora che la sua idea cambi è molto poco probabile.

Parallelamente a questi deliri che affondano e si confermano nella storia individuale, e che sono di molto difficile guarigione, ci sono quelli di più vicina insorgenza, che sono meno pervasivi e profondi, rispetto ai quali il soggetto può avere qualche dubbio. Queste forme possono essere affrontate con maggiore facilità. 

Infine, ci sono quelli che hanno una causa esterna (alcol o sostanze stupefacenti): questi possono essere reversibili alla sospensione dell’assunzione della sostanza dannosa. Ovvio che la cronica assunzione può invece portare alla cronica manifestazione delirante.

Ma, in ogni caso, come si curano?  Per prima cosa l’aspetto psicologico, utile perché è importante sempre, ma anche perché un corretto approccio della persona può poi veicolare una sua certa fiducia (ricordate: sono spesso persone sospettose, o convinte di essere in pericolo, e quindi per definizione poco aperte, diffidenti, un niente ed entrate anche voi nel novero dei persecutori, perché il delirio è una mente che crea storie, che unisce i puntini a suo modo, che utilizza la realtà per creare un mondo diverso); e dalla fiducia poi, con molta cautela, si può arrivare alla cura.

Nelle forme medio-gravi l’unica possibilità di mitigare gli effetti e rendere la persona un po’ più in grado di interagire con la realtà e col mondo è rappresentata dalle terapie farmacologiche

Esistono farmaci (gli antipsicotici) che, tra altri effetti, hanno quello di eliminare (raramente) o nettamente diminuire le idee deliranti, o comunque l’atteggiamento sospettoso o allarmato, oppure almeno la angoscia più acuta. Gli antipsicotici esistono anche in forme, che inoculate nel muscolo prolungano il loro effetto per varie settimane. Un approccio nel tempo di questo tipo presuppone, però, un livello di collaborazione elevato del paziente, spesso veicolato a sua volta in grande parte anche dalle nostre capacità individuali di “avere a che fare” con lui; né respingendo il delirio né confermandolo.

Altri farmaci utilizzati sono gli ansiolitici (come le benzodiazepine), che possono essere utili per brevi momenti, dato che non modificano la “ricetta” nella pentola (quello lo fanno, variamente, gli antipsicotici), ma possono “abbassare il fuoco” sotto di essa: il soggetto delira come prima, ma la paura e l’angoscia sono diminuite, non compie gesti estremi, o addirittura gli possiamo parlare e, chissà mai, veicolare altre modalità di aiuto o di cura. 

Le variabili, come si capisce, sono moltissime, e la variabilità delle persone diviene variabilità di approcci farmacologici. Gli effetti collaterali dei farmaci, infine, obbligano anche alla valutazione della relazione tra rischi e benefici.

Psichiatria a Vimercate