Negli ultimi trent’anni, la chirurgia endocrina ha compiuto passi inimmaginabili, trasformandosi profondamente grazie a una combinazione di esperienza accumulata e innovazioni tecnologiche. Ho potuto seguire da vicino questa evoluzione e constatare quanto l’integrazione di entrambi gli aspetti abbia migliorato i risultati per i pazienti
L’inizio: tecniche tradizionali, sfide complesse
All’inizio della mia attività chirurgica, le procedure su tiroide, paratiroidi e surreni erano molto invasive, con incisioni ampie e un decorso post-operatorio impegnativo, spesso gravato da complicanze invalidanti, la cui prevenzione e la eventuale gestione erano demandate quasi esclusivamente alla competenza e all’iniziativa del chirurgo che aveva in carico il paziente. In quegli anni, il supporto tecnologico era limitato e l’esito delle procedure si basava quasi esclusivamente su un fattore umano, ovvero la qualità del chirurgo.
L’ingresso della tecnologia: un cambio di paradigma
Con l’avvento, in reciproca sinergia, della tecnologia endoscopica (video-assistita, laparoscopica e poi robotica) e dei mezzi di dissezione e coagulazione a energia ultrasonica e radiofrequenza, il panorama è cambiato radicalmente, e ancora di più con l’adozione intraoperatoria, pressoché sistematica, del neuromonitoraggio dei nervi laringei e accessorio spinale, del dosaggio rapido del paratormone e dell’impiego del colorante fluorescente al verde di indocianina.
- 🖥️ La chirurgia video-assistita ed endoscopica ha permesso di ridurre l’invasività, aumentando efficacia ed efficienza.
- 🤖 La chirurgia robotica, con i suoi strumenti articolati e la visione tridimensionale, ha aggiunto alla chirurgia endoscopica livelli di controllo prima impensabili.
- 🔍 Il neuromonitoraggio intraoperatorio ha ridotto drasticamente il rischio di disfonia e dispnea e il dosaggio intraoperatorio del paratormone quello di iperparatiroidismo persistente o recidivo. Intuibile che l’introduzione di sostanze che rendono fluorescenti alcune strutture durante le procedure ne migliori l’accuratezza.
- 📡 Le tecniche endoscopiche con accesso extracervicale, essenzialmente transascellare o transorale, pur con indicazioni abbastanza limitate, hanno permesso di considerare, quasi privilegiare, anche le aspettative estetiche del paziente, eliminando le cicatrici dalla regione anteriore del collo. Su questo fronte, ho avuto l’opportunità di introdurre in Italia, tra i primi nel 2017, la tiroidectomia transorale con tre accessi nel vestibolo gengivale inferiore e modificarla nel 2018, avanzando l’accesso centrale nella fossetta sottomentale. Questa variante, accolta con interesse dalla comunità scientifica, ha contribuito a rendere l’intervento ancora meno invasivo e privarlo di alcune sue complicanze specifiche, mantenendo analoghi vantaggi estetici e identica sicurezza chirurgica.
L’esperienza come valore aggiunto
Nonostante la tecnologia, il ruolo dell’operatore con lunga esperienza e formazione specifica resta insostituibile in tutta la chirurgia, e in particolare in quella endocrina. Il valore aggiunto di una lunga attività clinica e accademica dedicata nasce proprio dalla capacità di integrare esperienza e innovazione per scegliere, per ogni paziente, il percorso più adatto.
Un approccio multidisciplinare e personalizzato
Negli ultimi decenni, si è affermata una visione più globale e integrata della patologia, dove il chirurgo condivide il suo operato e acquisisce indicazioni da un team multidisciplinare di endocrinologi, radiologi, anestesisti, anatomopatologi e molti altri specialisti. Il percorso diagnostico, la scelta terapeutica e i controlli successivi risultano ormai personalizzati per ogni paziente, con innegabili vantaggi innanzitutto sulla cura, ma anche sulla riduzione del dolore, sui tempi di recupero, sui risultati estetici e, in breve, sulla qualità della vita del paziente.
Guardando avanti: la chirurgia endocrina tra innovazione e umanità
L’evoluzione continua delle conoscenze e della tecnologia, a breve integrata dall’intelligenza artificiale, verso un approccio sempre più tailor made, quasi paradossalmente, non ha impedito di recuperare e valorizzare un rapporto empatico con il paziente, ritenuto e confermato di grande influenza sull’esito della cura.