Il femminicidio di Giulia dal punto di vista clinico: i raptus non esistono

Pubblicato il: 05/12/2023 Editato da: Serena Silvia Ponso il 05/12/2023

Da dove ha origine l’ultimo delitto che ha turbato le coscienze dell’Italia intera? Risponde il Dott. Dario Teolato, specialista in Psicologia e Psicoterapia, offrendoci anche un breve excursus storico di come è cambiata la società dagli anni Sessanta ad oggi

Qual è il contesto?

Il contesto in cui nasce questo delitto potrebbe essere quello di una qualsiasi famiglia di qualsiasi ceto sociale, perché le origini sono antropologiche e culturali riferibili, ma solo in parte, al patriarcato.

La Rivoluzione del '68 fa da spartiacque

Con la Rivoluzione del ‘68 le donne hanno cominciato un processo di emancipazione che ha messo in discussione, fino a sconvolgerlo, il modello relazionale che i maschi avevano interiorizzato da millenni, per cui le donne dovevano essere subordinate agli uomini. Proprio grazie a questa emancipazione che proviene di fondo dal femminile, la storia e l’umanità hanno progredito.

Cosa succede dopo?

Perso lo schema della narrazione con il femminile, anche per il contributo dell’amore incondizionato fornito dai genitori anche nella fase successiva alla prima infanzia (lì costruttivo), molti maschi, particolarmente quelli fragili e disturbati, hanno cominciato a pretendere di ricevere lo stesso amore incondizionato da parte della partner, la quale giustamente si rifiuta perché questo è un altro tipo di relazione, condizionato da regole e bisogni ben definiti, in primis la libertà.

Manca qui il passaggio dal mondo familiare al mondo sociale, che si dovrebbe attuare con l’”uccisione” simbolica dei genitori nella fase adolescenziale. Se questo non avviene, nascono fenomeni antisociali come le baby gang, il tifo violento, i black block, eccetera.

Già i maschi, per loro natura, in genere più fragili e limitati di una femmina, hanno più difficoltà a gestire l’impatto di emozioni e sentimenti forti; se poi hanno in concomitanza una patologia derivante, nella maggior parte dei casi, da errori di educazione e/o da relazioni disturbate con i genitori, allora ne deriva l’impossibilità di passare dalla fase pulsionale (tipica dei bambini), dove ad esempio dire “la mamma è mia” o pensare che la mamma sia a disposizione per soddisfare ogni bisogno è assolutamente comprensibile, alla fase di risonanza emotiva dei propri comportamenti.

L’origine dei comportamenti violenti

In questi casi i maschi disturbati non sentono più dentro di sé la differenza tra il bene e il male, né la necessità di andare al di là del riconoscimento dell’altro come fonte indispensabile di soddisfazione. In realtà per loro l’altro è solo un oggetto, e per questo pensano «se non mi dà soddisfazione completa prima mi arrabbio, poi lo elimino perché la sua “disfunzionalità” mi fa stare male, e perché comunque non mi serve più».

L’altra ragione per cui si verificano delitti come quello di Giulia è la presenza di una patologia che porta il nome di “Disturbo di personalità di tipo Borderline”, in cui una rabbia enorme e incontenibile porta anche all’eliminazione fisica dell’altro, oppure al fargliela pagare a vita come accettabile alternativa (sfigurare una persona con l’acido o perseguitarla in qualunque modo, ad esempio), sempre sulla base di quanto detto prima. Ovviamente questo tipo di patologie riguarda anche le femmine, ma si verificano casi in percentuale molto bassa. Esiste una cattiveria maschile proprio come esiste una cattiveria femminile, cambia solo il modo in cui si esprime: fa parte di ogni essere umano, esattamente come la bontà.

 

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