La craniostenosi sagittale (o scafocefalia)

La craniostenosi sagittale (o scafocefalia)

Editato da: Gloria Conalbi il 19/08/2021

La scafocefalia è la tipologia più frequente di craniostenosi e può essere trattata a livello neurochirurgico con bassa probabilità di recidive. Il Dott. Luca Massimi, esperto in Neurochirurgia a Roma, ci spiega di più sulla patologia e sul suo trattamento

Cos’è la craniostenosi sagittale?

La craniostenosi sagittale è caratterizzata da un abnorme allungamento del cranio per via della fusione precoce (in utero) della sutura sagittale. Questo allungamento è il risultato della crescita compensatoria del cranio che, non riuscendo ad allargarsi a causa della saldatura della sutura sagittale, cresce in lunghezza per ospitare il cervello. L’aspetto del cranio del bambino affetto ricorda quello di una barca rovesciata (da cui il nome di uso comune “scafocefalia”): la poppa è rappresentata dalla fronte sporgente, la prua dall’occipite ristretto, la chiglia dalla cresta sagittale (ossia dalla sporgenza della sutura sagittale prematuramente fusa) (Figura 1). Dal punto di vista craniometrico, la craniostenosi sagittale presenta un abbassamento dell’indice cefalico, ovvero del rapporto tra la larghezza e la lunghezza del cranio. Il valore normale è compreso tra 0,75 e 0,85 (o tra 75% e 85%) mentre nella scafocefalia esso è inferiore a 0,70 (70%) (Figura 2). Spesso la fontanella anteriore risulta prematuramente chiusa (già a 2-3 mesi o addirittura alla nascita mentre abitualmente tende a chiudersi intorno a 10-12 mesi di vita); la circonferenza cranica, al contrario, è normale o aumentata per via dell’anomalo allungamento del cranio.

Qual è il grado di diffusione della craniostenosi sagittale?

La scafocefalia è la craniostenosi più frequente in assoluto (40-60% di tutte le craniostenosi). La prevalenza alla nascita è pari a 1,8-2,5 casi ogni 10.000 nati vivi. E’ importante sapere che, sebbene si tratti di una condizione sporadica (ovvero non ereditaria) nella maggior parte dei casi, la trasmissione familiare è presente nel 2-6% dei casi: questo vuol dire che in una famiglia in cui c’è un soggetto con craniostenosi sagittale, esiste il 2-6% di possibilità che ce ne sia un altro affetto (ciò vale anche per il rischio di avere un secondo figlio affetto per una coppia che ha già avuto un bambino con scafocefalia). La craniostenosi sagittale è circa 4 volte più frequente dei bambini che nelle bambine.

Come viene effettuata la diagnosi?

La diagnosi può essere formulata correttamente 3-4 settimane dopo la nascita. Al momento della nascita, in effetti, molti bambini presentano il cranio allungato per via della deformazione da parto: nella maggior parte dei casi di tratta di una transitoria “dolicocefalia” (letteralmente “testa a zucchina”) che poi regredisce spontaneamente e che non va confusa con la scafocefalia (che invece persiste). La diagnosi è clinica e viene effettuata dal neurochirurgo o dal pediatra. Eventuali esami radiologici sono effettuati non per ottenere la diagnosi bensì per escludere malformazioni cerebrali associate e per pianificare il trattamento chirurgico. La craniostenosi sagittale è di solito isolata (cioè non associata ad altre malformazioni) per cui raramente si trovano altre malformazioni cerebrali ad eccezione della malformazione di Chiari I (discesa di una porzione del cervelletto oltre il forame magno) che è presente nel 5-7% dei casi e regredisce dopo il trattamento chirurgico.

Quando è necessario effettuare l’intervento?

Perché operare un bambino con craniostenosi sagittale? La domanda è legittima poiché si tratta generalmente di neonati sani, vivaci, di bell’aspetto e con normale sviluppo psico-motorio. Una prima indicazione è di tipo cognitivo poiché è stato ampiamente dimostrato che i bambini affetti possono sviluppare nel tempo delle carenze dal punto di vista dell’apprendimento e dell’attenzione. Queste carenze possono ripercuotersi anche sull’assetto neurovisivo (disturbi di attenzione visiva). Nel versante puramente oculistico, è stato dimostrato frequentemente un deficit di elevazione dello sguardo (difficoltà nell’alzare gli occhi) che regredisce rapidamente dopo l’intervento neurochirurgico. Un terzo dei bambini non trattati, inoltre, rischia di sviluppare cefalea da sforzo, ovvero mal di testa ogni volta che effettuano attività fisica (si tratta dell’aspetto più “negativo” legato alla craniostenosi sagittale). Infine, con il passare degli anni, si rende più evidente il lato “estetico” della malattia a causa della testa che risulta molto grande e allungata.  

Qual è il trattamento indicato?

Il trattamento della scafocefalia è neurochirurgico. Esistono diverse tecniche per la sua correzione, tutte efficaci (basso rischio di recidiva, basso rischio chirurgico) purché effettuate correttamente, nei tempi giusti e in Centri qualificati. Il periodo ottimale per l’intervento è universalmente accettato e va dai 3-4 mesi ai 7-8 mesi (lasso di tempo in cui il cranio è ben malleabile e il bambino sufficientemente grande per tollerare la procedura chirurgica). Nessun problema se il bambino arriva alla diagnosi oltre il 7°-8° mese: in questo caso, la tecnica chirurgica sarà un po’ più demolitiva ma la correzione potrà essere effettuata comunque. In bambini piccoli (3-5 mesi) si possono eseguire procedure chirurgiche mini-invasive mentre in quelli più grandi (6-8 mesi o oltre) le tecniche a cielo aperto (con incisione cutanea da orecchio ad orecchio) risultano più efficaci. 

 

Per sapere di più sulla craniostenosi e le sue tipologie leggi gli altri articoli del Dott. Luca Massimi: https://www.topdoctors.it/articoli-medici/la-craniostenosi-diagnosi-e-trattamento

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