Osteointegrazione: orizzonti nuovi e più sicuri

Osteointegrazione: orizzonti nuovi e più sicuri

Editato da: Karin Mosca il 22/03/2023

Cosa vuol dire “osteointegrazione” nel XXI secolo?  Ne parla il Prof. Massimo Simion, esperto in Odontoiatria a Milano 

Che cos'è l'osteointegrazione?

L’osteointegrazione ci ha fornito uno dei più predicibili trattamenti nella medicina dentale, caratterizzata da una percentua­le di successo superiore al 95%. 

Tuttavia, la situazione è cambiata. Sempre più pazienti vengono nei nostri studi con gravi infiammazioni dei tessuti perimplantari asso­ciate a grave e progressiva perdita di osso

Ma analizziamo le tappe: tra gli anni 60 e 80 il Professor Branemark sviluppò il concetto di osteointegrazione e, fino agli anni 2000, tale sistema venne usato estensivamente e con successo in tutto il mondo per trattare migliaia di pazienti totalmente e parzialmente edentu­li. Una particolare caratteristica del sistema fu l’uso di un impianto cilindrico con una filettatu­ra singola e una superficie relativamente liscia.

immagine di un dente

A partire dagli anni 2000, i produttori di impianti hanno iniziato a proporre le cosiddette “superfi­ci attive”, ovvero superfici rugose. Lo scopo era quello di promuovere un’osteointegrazione mi­gliore e più rapida, permettendo una guarigione più veloce prima del caricamento dell’impianto (o in alcuni casi del carico immediato). A par­tire dal 2005, tuttavia, una percentuale sempre maggiore di pazienti iniziò a mostrare infiam­mazioni dei tessuti peri-implantari con una pro­gressiva perdita di osso.

Gli impianti funzionano per tutta la vita?

La nostra fiducia nel trattamento implantare è quindi diminuita: non ci sentiamo più sicuri nel dire ai nostri pazienti “I vostri impianti funzio­neranno per tutta la vostra vita”.

Pertanto, ritengo che ricercatori, clinici e aziende, dovranno prendersi la responsabilità collettiva di ritornare al concetto tradizionale di Branemark di un impianto con almeno il 50% di superficie liscia nella sua porzione più vicina alla gengiva, e che venga caricato solo dopo un sufficiente periodo di tempo per far sì che l’osso si integri con l’impianto.

 

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