I test sierologici vengono utilizzati insieme ai tamponi nella lotta contro il COVID-19, ma a cosa servono e quando è davvero utile eseguirli?
Test sierologici: cosa sono?
A differenza dei tamponi, che rilevano il virus nelle mucose respiratorie, i test sierologici sono degli esami utili per capire se si è entrati in contatto o meno con il COVID-19. In poche parole, i tamponi ci forniscono informazioni sulla situazione attuale, mentre i test sierologici ci raccontano la “storia” della malattia attraverso gli anticorpi prodotti dal nostro sistema immunitario.
Come si eseguono?
Questi test prevedono un prelievo di sangue al fine di ricercare degli specifici anticorpi che sono stati creati per combattere il virus (IgM, che si producono nella fase acuta dell’infezione, ed IgG, che si presentano a partire dal 14º giorno). Alcuni test, inoltre, misurano anche le IgA, vale a dire gli anticorpi che si trovano sulla superficie delle mucose dell’apparato respiratorio. Bisogna infatti specificare che non tutti i test sierologici sono uguali e che ogni tipologia possiede una specificità e sensibilità differenti: proprio per questo il Comitato Tecnico Scientifico del Ministero della Salute ha stabilito le caratteristiche che questi test devono rispettare, tra cui un’affidabilità superiore al 95%, la velocità di esecuzione e la possibilità di eseguirli su ampia scala in tutta Italia. Al momento si stanno valutando le differenti tipologie al fine di scegliere un unico test affidabile che permetta di eseguire la stessa analisi, senza necessità poi di verificare e comparare i risultati.
Quando bisogna fare un test sierologico?
Nonostante i test sierologici non forniscano una diagnosi in grado di sostituire il tampone e non conferiscano una sorta di “patente di immunità”, restano comunque delle analisi in grado di confermare o meno un contatto con il virus. Per questo motivo, se si ha il sospetto fondato di avere avuto contatti a rischio si consiglia di sottoporsi al test.
Dopo il test sierologico bisogna fare anche il tampone?
In caso di positività a questi test, si raccomanda di eseguire un tampone per confermare l’eventuale contagiosità (anche se si possiedono gli anticorpi è possibile ancora trasmettere il virus). Purtroppo, non è ancora possibile applicare questo iter su tutto il territorio italiano.
Quando, invece, non serve?
Se si desidera avere la conferma di essere diventati immuni al virus, questi test non sono utili, in quanto al momento non siamo ancora in grado di stabilire se gli anticorpi rilevati dall’esame sierologico siano capaci di neutralizzare il virus. Inoltre, le persone non producono anticorpi nella prima settimana a seguito del contagio, motivo per cui il test può risultare erroneamente negativo. Infine, un paziente può risultare positivo al test sierologico ma essere ancora contagioso, in quanto gli anticorpi IgG indicano solamente che c’è stato un contagio almeno 14 giorni prima dell’analisi, ma non dà alcuna indicazione circa l’eventuale contagiosità attuale.
Test sierologici: meglio il prelievo al dito o in vena?
Il test sierologico prevede un prelievo del sangue come da procedura standard. Esistono però diversi test rapidi che analizzano il sangue capillare prelevato da un polpastrello (come i test per diabetici) fornendo una risposta in 10-15 minuti. Purtroppo, almeno per il momento, questo tipo di esame non è affidabile quanto quello sierologico.
Se hai bisogno di un supporto da parte di uno specialista, ricordati che puoi contattarlo attraverso il nostro servizio di Telemedicina.