La violenza nelle relazioni affettive è un fenomeno complesso e purtroppo diffuso, che può manifestarsi in diverse forme e avere gravi conseguenze sul benessere psicologico delle vittime. Ci dice di più la Dott.ssa Concetta Di Bartolomeo, Psicologa a Roma.
Che cosa si intende con violenza nelle relazioni affettive e quali forme può assumere?
La parola violenza implica l’utilizzo della forza – dal latino vis – di un soggetto verso un altro, che è in una posizione di sottomissione e di debolezza. Il soggetto violento ha necessità di mettere in atto un rapporto di potere, di controllo e di dominanza.
La violenza può essere fisica o psicologica: la prima, facilmente identificabile, avviene quando c’è un comportamento di aggressione o costrizione a fare qualcosa contro la volontà, e che può causare lesioni o danni. La seconda, psicologica, più difficile da individuare e riconoscere, interessa varie e differenti situazioni, che vanno dal mancato riconoscimento dell’altro e dei suoi bisogni, alla colpevolizzazione o alla vera e propria minaccia.
Quali sono i segnali che possono indicare una relazione affettiva violenta?
Le situazioni andrebbero valutate di volta in volta, in quanto non è semplice generalizzare. La violenza può interessare il rapporto genitori-figli o i partner. Qui ci occuperemo delle relazioni tra adulti. Se in un rapporto manca la libertà di potersi esprimere come ci si sente di essere, sicuramente siamo in un’area di criticità, più o meno grave. Indicatori possono essere: il timore di dire no o comunque di dire il proprio pensiero, il sentirsi obbligati a fare cose che non voglio fare, la mancanza di rispetto dei miei interessi, delle mie amicizie, dei miei affetti o hobby. Il cercare di essere come l’altro mi vuole, dimenticando chi sono.
Quali sono le conseguenze psicologiche della violenza nelle relazioni?
Va detto che sia la vittima che il carnefice provengono da esperienze in cui la violenza è stata già conosciuta. Il carnefice rimette in atto ciò che ha subito, mentre la vittima subisce, inizialmente, la violenza perché non la riconosce come tale, in quanto spesso è un modello interiorizzato come normale. Nella maggioranza dei casi sono le donne a trovarsi nel ruolo di vittime.
Al di là delle fragilità che derivano dalle esperienze vissute nell’infanzia, una relazione adulta violenta causa danni importanti sul piano psichico (oltre che fisico). Perdita di autostima, ansia, attacchi di panico, timore ad esprimere il proprio pensiero, insicurezza, rimuginazione ossessiva sul comportamento tenuto in una situazione, paura di uscire da sola, insicurezza sul proprio ruolo di donna ed eventualmente di madre, perdita delle amicizie, allontanamento dalla famiglia, perdita del lavoro e della capacità di lavorare, senso di colpa, sentirsi sbagliati.
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Quali strumenti o strategie può adottare una persona per uscire da una relazione violenta?
Non è semplice ed è necessario avere una rete di aiuto, che include i familiari, gli amici, uno psicologo e, nei casi più a rischio, un centro di accoglienza dove rifugiarsi e mettersi in sicurezza prima e/o dopo aver deciso di lasciare il partner. In primo luogo è necessario prendere atto della violenza. Di solito di fronte ad un comportamento violento la paura di perdere l’affetto è superiore alla pulsione di autoconservazione. Bisogna dunque lavorare sull’angoscia di perdita, che spesso risale all’infanzia.
Sul piano pratico, la prima e più importante cosa da fare è quella di mettersi in sicurezza. Se ho un partner violento difficilmente accetterà la fine della relazione e quindi la frustrazione derivante dalla separazione non potrà che aumentare il comportamento violento, con aumento del rischio per la vittima di subire violenza.
Inoltre, proprio perché il soggetto violento ha una fragilità dell’Io che gli rende difficile reggere la frustrazione, un’altra indicazione è quella di considerare che il vissuto di rifiuto può aumentare la violenza e portare il soggetto a commettere atti gravi, quindi avere, nei limiti del possibile, attenzioni verso lo stato d’animo dell’altro, quali ad esempio rispondere alle sue telefonate.
In che modo amici e familiari possono supportare una persona vittima di violenza affettiva?
Standole vicino fisicamente ed emotivamente. Ascoltando senza dare giudizi. Cercando di comprendere che chi subisce violenza ha un grande bisogno di affetto e che ciò che per un estraneo è la cosa più semplice da fare, cioè allontanare il partner, è difficile per la vittima perché significa rimanere sola e sentirsi abbandonata e spesso non ce la fa.
Qual è il ruolo dello psicologo nel supporto alle vittime di violenza affettiva?
Ricostruire la fiducia nel sé, acquistare autostima e sicurezza in ciò che sente, lavorare sull’autonomia e sul superamento della dipendenza, riprendere a credere in se stessi e nelle proprie capacità e possibilità. Elaborare il lutto della separazione. Superare la fantasia di salvare l’altro. Riprendersi cura di sé. Tutto questo è possibile solo se si intraprende un percorso di psicoterapia.
Se vuoi approfondire l'argomento dai un'occhiata alla nostra chiacchierata con la Dott.ssa Concetta Di Bartolomeo!