Tumore all’endometrio: conoscere come diagnosticarlo e trattarlo!

Tumore all’endometrio: conoscere come diagnosticarlo e trattarlo!

Editato da: Sharon Campolongo il 04/04/2023

Il tumore endometriale è la principale neoplasia che colpisce l’utero e rappresenta uno dei tumori ginecologici più comuni nei paesi industrializzati. In questo breve articolo approfondiamo questo tema, conoscendo il modo in cui si diagnostica e come trattarlo

Quali sono gli esami da eseguire?

Gli esami a cui la paziente deve sottoporsi per ottenere una corretta diagnosi includono:

  • Visita pelvica: durante una visita pelvica (bimanuale combinata), il Ginecologo esplora gentilmente la parte esterna dei genitali (vulva) e, successivamente, inserisce due dita di una manodue dita su un fiore contemporaneamente rispettivamente uno in vagina ed uno nel retto, pressando gentilmente, nello stesso momento, con l’altra mano, la parete addominale al fine di poter palpare l’utero e le ovaie.  Sarà anche successivamente inserito un divaricatore vaginale, chiamato speculum, con l’obiettivo di poter individuare eventuali anomalie vaginali o della cervice uterina;
  • Ecografia trans-vaginale: lo specialista potrebbe utilizzare degli ultrasuoni mediante una sonda intra-vaginale (ecografia trans-vaginale) al fine di studiare meglio lo spessore e la struttura dell’endometrio e poter quindi escludere altre anomalie presenti. Pertanto, mediante tale procedura sarà possibile creare un’immagine di alcuni organi pelvici, compreso quella dell’utero ed in particolare del suo rivestimento interno e del suo profilo;
  • Isteroscopia: durante la procedura di isteroscopia il Ginecologo inserisce un’ottica sottile nella cavità dell’utero dotata di una sorgente luminosa, affinché si possa visualizzare la cavità interna e la mucosa dell’utero, attraversando la vagina ed il collo uterino. Potrà essere anche possibile, contestualmente o in differita, eseguire un piccolo prelievo bioptico dell’endometrio, che verrà inviato ad esame istologico. Tale biopsia endometriale solitamente non richiede anestesia ed è eseguita in ambulatorio;
  • Raschiamento endouterino: se non può essere prelevato sufficiente tessuto alla biopsia isteroscopia, o se si dovesse ottenere un reperto dubbio, potrebbe essere necessario eseguire successivamente una dilatazione ed un courettage della cavità uterina (raschiamento). Durante il raschiamento si esegue una sorta di abrasione (grattamento) dell’endometrio che richiede almeno una sedazione in sala operatoria. Il materiale ottenuto viene inviato ad esame istopatologico.

Se dopo questi accertamenti dovesse essere diagnosticato un cancro dell’endometrio la paziente sarà riferita ad un Ginecologo che abbia competenze in Ginecologia Oncologica.

Una volta avuto la diagnosi istopatologia dalla biopsia endometriale che si tratta di un cancro endometriale si deve eseguire uno studio radio-morfologico (TAC o RMN o PET/TAC), che valuti la presunta estensione e/o diffusione della malattia. Questa fase è importante al fine di definire la strategia ed i trattamenti migliori da mettere in atto.

Con quale frequenza bisognerebbe essere esaminate?

In caso di negatività (assenza di evidenza di malattia neoplastica) bisognerebbe sottoporsi a visita ginecologica ogni 12 mesi.

In caso di diagnosi di cancro dell’endometrio, dopo il trattamento primario (Chirurgia, Radioterapia, Chemioterapia, ecc.), la paziente dovrebbe essere inserita in un programma di sorveglianza clinico strumentale (Follow-up) che durerà non meno di 5 anni e non più di 10 anni, in assenza di evidenze di malattia.

La frequenza delle valutazioni clinico strumentali saranno ravvicinate entro i primi due anni dalla diagnosi e successivamente più diradate.

Salvo casi particolari o segni o sintomi di malattia (che richiedono immediata valutazione specialistica) la frequenza sarà di 3 mesi nei primi due anni (dove si ha il 70% delle ricadute) e, successivamente, salvo sempre sintomi o segni correlabili a malattia, ogni 6-8 mesi.

Se compaiono segni o sintomi non bisogna trascurarsi mai!

Cosa comporta un tumore dell’endometrio diagnosticato tardivamente?

Solitamente i tumori maligni dell’endometrio confinati all’utero sono sintomatici e curabili sino all’85% dei casi.

Quindi, è importante non trascurare i sintomi o segni (in particolare le emorragie dai genitali in epoca menopausale o in pazienti con familiarità neoplastica).

Se la malattia si diffonde al di fuori dell’utero cala significativamente la percentuale di cura, potendo essere necessaria non solo la chirurgia ma anche le terapie loco-regionali (ad esempio Radioterapia da sola o accompagnata da Chemioterapia) o sistemiche (Chemioterapia).

È possibile curare il tumore dell’endometrio?

Certo! Il trattamento standard del cancro dell’endometrio è rappresentato dalla rimozione chirurgica dell’utero (Isterectomia, Annessiectomia, Linfoadenectomia Pelvica).

La Chirurgia usuale consiste nella rimozione dell’utero delle tube e delle ovaie (Annessiectomia, ossia rimozione delle tube e delle ovaie).

Un’Isterectomia rende impossibile una gravidanza successiva. La rimozione di entrambe le ovaie determina una castrazione chirurgica e quindi una menopausa se la paziente non lo sia già.

Salvo casi particolari il ginecologo in questi casi associa alla rimozione dell’utero e degli annessi anche la rimozione dei linfonodi pelvici con modalità di campionamento al fine di poter decidere se dopo chirurgia è utile o necessaria una terapia aggiuntiva (Radioterapia con o senza Chemioterapia).

Ecco come funzionano alcune terapie impiegate in questo tipo di neoplasia:

  • Terapia Radiante (Radioterapia): utilizza “raggi x” o protoni ad alta energia al fine di uccidere le cellule tumorali. In alcuni casi il medico (Ginecologo, Oncologo, Radioterapista) potrà prescriverla inragazza tra i girasoli assenza di evidenza di malattia, ma per la presenza di fattori di rischio, con lo scopo di ridurre le probabilità di avere delle eventuali riprese di malattia dopo Chirurgia. In casi particolari la Radioterapia o la Chemioterapia è eseguita prima della Chirurgia, affinché si riduca il volume di malattia e si possa eradicare meglio il tumore. Se la salute della paziente non le consente, per la presenza di un elevato rischio anestesiologico o chirurgico, di poter essere sottoposto a Chirurgia, il medico potrebbe consigliarle di eseguire una Radioterapia (consigliabile in questo caso consultare un Ginecologo Oncologo). Esiste una Radioterapia Esterna ed una Interna all’organismo (intravaginale) che si esegue con dosi e tempi variabili a seconda dei casi;
  • Chemioterapia: utilizza delle sostanze chimiche per uccidere le cellule tumorali. Esistono Chemioterapia a base di antitumorali singoli o associati, sia per via orale che endovena. Queste sostanze raggiungono le cellule tumorali attraverso il sangue e le uccidono. La Chemioterapia può essere usata prima o dopo la Chirurgia, al fine di ridurre il volume del tumore o di rimuoverlo completamente dopo l’atto chirurgico. La Chemioterapia può essere raccomandata in caso di tumore endometriale avanzato, diffuso o ricorrente. Infine, può essere utilizzata un’ormone-terapia in caso di cancro dotato di recettori ormonali o di cancro avanzato o per migliorare le condizioni generali della paziente. Anche la Immunoterapia può essere utilizzata in casi selezionati;
  • Terapia palliativa di supporto: in alcuni casi di cancri avanzati, invalidanti o sintomatici è molto utile il trattamento del dolore anche in parallelo con la terapia propriamente anti tumorale. La finalità perseguita è quella di vivere meglio e più a lungo.

Quali sono i tempi di recupero dopo la chirurgia?

I tempi di recupero sono variabili individualmente e dipendono dal grado di intervento eseguito e dalle eventuali complicanze che intervengono eventualmente.

Solitamente, le pazienti sottoposte a Chirurgia Laparotomica per un cancro dell’utero possono:

  • Alzarsi dal letto entro 24-48 ore
  • Deambulare autonomamente entro tre giorni
  • Essere completamente autonome entro 7 giorni
  • Svolgere i servizi domestici entro pochissime settimane dall’intervento

È auspicabile astenersi dall’attività sessuale per circa uno/due mesi almeno per poter fare riparare la sutura interna vaginale. La fruibilità sessuale della vagina ed il desiderio sessuale dopo la Chirurgia rimangono per lo più inalterate.

Ginecologia e Ostetricia a Bari