Come si trattano le calcificazioni coronariche?

Pubblicato il: 13/10/2022 Editato da: Serena Silvia Ponso il 09/09/2024

Le calcificazioni cardiovascolari sono strettamente collegate agli eventi cardiovascolari, prima causa di morte sia nella popolazione maschile che in quella femminile. È molto importante, dunque, trattare adeguatamente le calcificazioni.

In questo articolo, vediamo in che modo può essere trattata la malattia coronarica calcifica, con il contributo del Prof. Carlo Di Mario, specialista in Cardiologia.


Cosa sono le calcificazioni coronariche?

Le calcificazioni cardiovascolari sono depositi di calcio che vengono a formarsi su arterie e valvole cardiache.

Quando l’aterosclerosi comincia il suo corso, si manifesta attraverso piccole strie di grasso sulla parete delle arterie. In seguito, queste lesioni diventano più rigide e fibrose, con la possibilità di avere precipitazione di calcio al loro interno.



Le principali cause delle calcificazioni coronariche

Il diabete, la pressione alta, il colesterolo alto, l’insufficienza renale sono condizioni predisponenti e, quando queste perdurano a lungo e non sono ben controllate, il processo di calcificazione si sviluppa progressivamente nel tempo. L’età è, quindi, anch’essa un fattore importante. Nei pazienti di età superiore agli 80 anni, ad esempio, la presenza di calcificazioni gravi è la norma e non l’eccezione.

Una visita dal cardiologo è sempre una buona idea quando ci sono dei fattori di rischio come la familiarità o il fumo, la pressione alta e il colesterolo, ma è particolarmente importante quando si superano i 40-50 anni nell’uomo e i 50-60 anni nella donna.

Non sempre bisognerà arrivare a richiedere test sofisticati ma, in molti casi, verrà chiesto al paziente di modificare il proprio stile di vita e curare bene pressione alta, colesterolo alto e diabete. Queste buone pratiche, negli anni, possono fare la differenza tra vivere una vita piena anche da anziano o sviluppare danni cardiocircolatori che peggiorano speranza e qualità di vita.


Terapie e trattamenti

Quando il restringimento delle arterie causato dalla lesione supera il 50-70%, non arriva abbastanza sangue al muscolo cardiaco, specie sotto sforzo, e il paziente manifesta dolore al petto o mancanza di respiro. Allargare i vasi con i metodi convenzionali, solo gonfiando un palloncino ad alta pressione, è molto difficile e potenzialmente rischioso.

Da molti anni esistono delle frese per raschiare il calcio ma sono indaginose da usare e potenzialmente pericolose. È preferibile utilizzare degli emettitori di onde d’urto, come quelli che generalmente si usano per i calcoli renali, da inserire direttamente a contatto con il calcio delle coronarie. In questo modo il calcio si frammenta ma resta nella parete senza embolizzare e il restringimento calcifico si allarga senza difficoltà, impiantando uno stent.


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In che modo è possibile controllare lo stato delle coronarie?

Per fortuna, non c’è più bisogno di fare sempre la coronarografia tradizionale. Questa, infatti, consiste nel raggiungere il cuore con delle lunghe cannule inserite dal polso per iniettare un contrasto iodato opaco ai raggi X direttamente nelle coronarie.

Con la angioTAC riusciamo ad avere buone immagini delle coronarie anche iniettando il contrasto in una vena del braccio. La TAC ci fa vedere particolarmente bene anche il calcio, così da sapere sia quando che come trattare le arterie ristrette. 

Cardiologia a Firenze

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