I reni nelle gammopatie e nel mieloma

I reni nelle gammopatie e nel mieloma

Editato da: Marta Buonomano il 22/03/2023

Il Prof. Salvatore Di Giulio, esperto in Nefrologia a Roma, ci parla dei danni renali causati da gammopatie e mieloma e di come curarli efficacemente

Gammopatia monoclonale e mieloma: cosa sono?

Le plasmacellule sono alcuni dei globuli bianchi che, normalmente, producono nel midollo osseo gli anticorpi (gammaglobuline) per difenderci dalle infezioni. Quando, in assenza di infezioni, la produzione degli anticorpi è eccessiva ed ingiustificata si parla di gammopatia monoclonale, se poi anche il numero delle plasmacellule che producono gammaglobuline aumenta in maniera incontrollata, con una crescita tumorale, si parla di mieloma. In queste condizioni anche il rischio infettivo aumenta perché queste difese immunitarie scomposte non sono più adeguate.

Danni renali nella gammopatia monoclonale e nel mieloma

I reni possono subire danni nel corso di queste malattie, sia per i depositi renali di frammenti di immunoglobuline (“catene leggere kappa o lambda” oppure sostanza amiloide) sia per le conseguenze del mieloma (ipercalcemia, infiltrazione cellulare, amiloide). Il danno renale può essere poco rilevante (modesta riduzione della funzione renale con presenza di catene leggere nelle urine, proteinuria di Bence Jones) oppure grave, con insufficienza renale acuta e necessità di dialisi. Attualmente abbiamo filtri di dialisi tecnologicamente avanzati che permettono di rimuovere, durante la dialisi, anche le catene leggere dal sangue ed evitare che si possano ulteriormente depositare nei reni.

Diagnosi e terapia

La gammopatia monoclonale può persistere per anni senza produrre evidenti danni renali (“MGUS” e Smouldering Myeloma). Gli unici segni possono essere un “picco” nella zona gamma della elettroforesi delle proteine del sangue. A volte però si osservano insufficienza renale con aumento della creatinina e della azotemia e livelli elevati nel sangue e nelle urine di “catene leggere libere” (FLC). Nelle urine compare la cosiddetta proteina di Bence Jones che indica anch’essa un’alterazione renale. È necessario, a questo punto, che il nefrologo (attraverso una biopsia renale) e l’ematologo (con una biopsia del midollo osseo) misurino il grado di pericolosità e decidano un’eventuale terapia congiunta. La terapia generalmente consiste nella somministrazione di farmaci (cortisonici, immunomodulatori, chemioterapici) che bloccano la produzione di immunoglobuline e riducono la proliferazione delle plasmacellule nel mieloma. Il trapianto di midollo può essere necessario quando queste misure sono insufficienti: in pratica si rimuove tutto il midollo osseo, si somministra al paziente una forte dose di chemioterapici capace di uccidere tutte le cellule malate rimaste nell’osso e poi si reimpianta il midollo. Contemporaneamente, se l’insufficienza renale richiede la dialisi, si

procede alla rimozione dal sangue delle “catene leggere” con filtri speciali ad alta permeabilità. Questo protocollo congiunto fra ematologi e nefrologi permette spesso la reversibilità del danno renale da mieloma, soprattutto se trattato nelle fasi precoci. I pazienti con mieloma devono evitare di assumere farmaci antidolorifici e anti infiammatori non steroidei (FANS) ed elevate dosi di mezzo di contrasto che, nel mieloma, amplificano il danno renale.

Nefrologia a Roma