Incisione Endoscopica dell’Ureterocele: Un Approccio Minimante Invasivo

Pubblicato il: 19/03/2025 Editato da: Veronica Renzi il 19/03/2025

L’ureterocele è un'anomalia congenita caratterizzata dalla dilatazione cistica dell'uretere intravescicale sottomucoso, che può ostacolare il flusso urinario del rene coinvolto. Il trattamento endoscopico da anni è una delle opzioni chirurgiche più comuni ed efficaci per la gestione dell’ureterocele. Questo articolo esplora le tecniche, i risultati e le considerazioni associate alla decompressione endoscopica dell’ureterocele, enfatizzando la sua efficacia e le potenziali complicazioni.

Approccio Endoscopico all'Ureterocele

La decompressione endoscopica dell’ureterocele è stata introdotta nei primi anni '60 e da allora si è evoluta grazie all’avvento di strumenti chirurgici avanzati. La procedura prevede tipicamente la puntura dell’ureterocele subito sopra la sua giunzione con il pavimento vescicale. La scelta dello strumento varia in base alle caratteristiche dell’ureterocele, inclusi la sua dimensione e lo spessore della parete.

Un approccio comunemente utilizzato impiega un cistoscopio da 8–9,8 Fr con un canale di lavoro da 5 Fr. La puntura può essere effettuata utilizzando un ago metallico (3,7 Fr) per l’iniezione di un agente di ingrossamento, un catetere ureterale elettrificato, o sonde laser. L’obiettivo è ottenere un drenaggio adeguato minimizzando il rischio di reflusso vescico-ureterale (VUR), una potenziale complicazione che può derivare da incisioni o punture eccessive.

Tecniche e Strumentazione

Vengono utilizzate diverse tecniche per la decompressione endoscopica dell'ureterocele, a seconda del caso:

Puntura con ago: Questa tecnica prevede la creazione di più fori attraverso tutta la parete dell’ureterocele per permettere il drenaggio dell’urina, prevenendo al contempo il reflusso.

Incisione con elettrobisturi: Utilizzando un elettrodo Bugbee o un catetere ureterale da 3 Fr con una potenza di 5–8 watt, questa tecnica fornisce un drenaggio preciso dell’ureterocele.

Incisione con laser ad holmio: Questa tecnica, eseguita a una frequenza di 5–8 Hz e con un'energia a impulso di 0,6–0,8 J, è particolarmente efficace per le ureteroceli a parete spessa. La scelta della fibra laser (che va da 200 a 550 µm) dipende dall’età del paziente e dalle caratteristiche dell’ureterocele.

In alcuni casi, un catetere ureterale da 3 Fr viene posizionato per 24 ore per facilitare il drenaggio, specialmente quando si trattano ureteroceli a parete spessa.

Risultati Clinici e Complicazioni

Negli ultimi cinque anni, 48 pazienti con ureterocele sono stati trattati presso il nostro centro, L'Urologia Pediatrica della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, Italia. Di questi, 44 (92%) hanno subito procedure endoscopiche, mentre 4 (8%) hanno necessitato di interventi chirurgici aperti o minimamente invasivi. Il tasso di successo dopo una singola procedura endoscopica è stato dell’83%.

Il metodo più frequentemente utilizzato è stato la puntura con ago per l’iniezione di agenti di ingrossamento (63%), seguito dall’incisione laser (15%), dal catetere ureterale elettrificato (8%) e dall’incisione con elettrodo Bugbee (6%). Nei casi in cui si è verificato VUR dopo la decompressione, è stato eseguito un trattamento endoscopico con DEFLUX®.

Sono state necessarie reinterventi in una piccola parte dei pazienti a causa di recidive, tra cui ripetute punture con ago (6%), reimpianto ureterale (4%), eminefrectomia del polo superiore (4%) e ureterocutaneostomia seguita da reimpianto (2%).

Urologia a Milano

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