Relazioni pericolose: quando la rabbia prende il posto dell’amore

Relazioni pericolose: quando la rabbia prende il posto dell’amore

Editato da: Karin Mosca il 31/03/2023

La violenza all'interno della coppia si manifesta fin dalle prime fasi della relazione con segni che di solito non vengono valutati per le potenzialità che possono nascondere. Il Dott. Furio Ravera, esperto in Psichiatria a Milano, ci spiega quali sono i segnali che devono mettere in allarme e quali sono le caratteristiche del femminicida

Quali sono i segnali che devono mettere in allarme?

Alcune ragazze oggetto di violenze raccontano di primi rapporti sessuali estorti con prepotenza, senza il minimo riguardo da parte dell’uomo per la sensibilità della giovane compagna. Evidentemente si tratta di giovani maschi privi di empatia, incapaci di comprendere le emozioni e le sofferenze dell'altro. Questo deficit di empatia è alla base di una significativa distorsione del modo in cui vengono concepite le relazioni, fondate essenzialmente sullo sfruttamento dell'altro per la soddisfazione dei propri bisogni. 

L'altro, in questo caso l'altra, è concepito come una persona che ha l'obbligo di soddisfare i bisogni del partner. È una prospettiva narcisistica, che nel caso in cui l'obbligo al soddisfacimento venga disatteso è generatrice di intense reazioni rabbiose. Così se la ragazza si rifiuta di contribuire al soddisfacimento del suo partner, perchè non emotivamente pronta, iniziano i sadici ricatti di essere abbandonata o addirittura le violenze. Questi comportamenti possono protrarsi a lungo prima che i familiari se ne avvedano, perchè sono le stesse ragazze che, nella speranza di un cambiamento, tengono tutto nascosto.

Progressivamente, per evitare le ritorsioni del "fidanzatino", le ragazze tendono ad accontentare tutti i bisogni a prezzo di una perdita della stima di sé e di una visione realistica della propria storia. Questo processo non è colto dalle ragazze nella sua gravità, favorendo una normalizzazione progressiva di comportamenti anomali.

pugno chiuso di un uomo in primo piano e una ragazza in secondo piano che piange (violenza)

Quali sono le caratteristiche della vittima?

Frequentemente si tratta di ragazze che hanno un’attitudine a sperimentare sentimenti di colpa, i quali emergono da profondi sentimenti di inadeguatezza che hanno radici nella storia familiare.

Si tratta di ragazze che hanno subito negligenze ed esperienze di abbandono che non hanno saputo spiegarsi in nessun altro modo se non quello di considerarsi difettose, dunque colpevoli, di non essere sufficientemente apprezzabili.

Quali sono, invece, le caratteristiche del ragazzo violento?

I ragazzi, solitamente, hanno avuto madri succubi, sia del padre che del figlio. Sono rappresentanti di una femminilità sottostimata, al servizio delle figure maschili che nel loro porsi al servizio dei figli hanno fatto mancare loro il senso dell'amore materno ed i frutti di quell'amore: il rispetto per la madre e l'empatia.

La madre, infatti, nella relazione con il figlio traduce i segnali del suo corpo in parole, generando un vocabolario affettivo per mezzo del quale riconoscere e descrivere le emozioni. Nel complesso gioco relazionale con la madre, il bambino legge nel suo volto che lei sta sperimentando ciò che lui sta vivendo e capisce i sentimenti dell'altro. Madri depresse e succubi, la cui mimica facciale si è spenta e poco comunica; madri negligenti che vivono la cura dei figli come un servizio da fare con efficienza ma senza genuina partecipazione; madri abbandonanti perchè a loro volta abbandonate: tutto ciò predispone i figli a comportamenti prefissati.

Quando comincia il processo di vittimizzazione?

Il processo di vittimizzazione inizia dagli insulti. Le parole cattive predispongono ad azioni cattive: sono fatte per ferire e, dunque, rappresentano i primi passi di un percorso di violenze. Spesso vengono giustificate come inique abitudini dipendenti dal lessico familiare di appartenenza, ma questo modo di spiegare l'uso degli insulti maschera la loro essenza.

Cosa deve fare una ragazza di fronte al primo insulto? Interrompere la relazione? Non dico questo, ma deve notare la cosa, rendendo consapevole il compagno del senso che ha l’insulto, stimolandolo ad interrogarsi sulle intenzioni che lo hanno generato. La cosa più importante è esprimere il proprio dissenso per questo modo di comportarsi, che può compromettere la serenità e la bontà della relazione. Non tutti gli insulti preannunciano le botte, ma accade con significativa frequenza che le botte siano precedute dall'abitudine di insultare.

Cerchiamo di immaginare quanto gli insulti segnalino il cambiamento della rappresentazione della propria compagna nel corso di una relazione. Tutto inizia dal corteggiamento fatto di complimenti e di parole tenere, poi il primo conflitto. Il conflitto è il miglior terreno sul quale saggiare la qualità di una relazione, ma l’importante è confliggere con amore e rispetto, senza permettere ad antiche rabbie d’infrangere il sottile strato della relazione amorosa per dare nuova forma alla relazione.

volto di una ragazza a cui viene tappata la bocca per non parlare (violenza)

Come reagire alle richieste di perdono?

Ci si trova davanti ad un bivio, due strade: in una continua la relazione amorosa; nell’altra la relazione è dominata dalla sopraffazione e dall'ostilità. Agli sfoghi di rabbia seguiranno richieste di perdono, con la pretesa che tutto venga dimenticato e tutto ritorni come prima. Anche questa modalità di richiesta di perdono è una trappola: è un’infantile richiesta di amnesia che si ritrova nei violenti e negli stalker e che sostanzialmente funziona da rinnovo delle condizioni nelle quali si è generato l'ultimo scoppio di violenza.

Nelle relazioni l'unica forma di richiesta di perdono dev’essere rappresentata da un cambiamento costante e significativo del comportamento. In altre parole, il perdono spetta dev’essere guadagnato, altrimenti si tratta di un esercizio vuoto di significato e irrispettoso per la vittima. Alcune cose non possono e non devono essere perdonate, se il perdono è inteso, come già detto sopra, come richiesta di amnesia. È deresponsabilizzante. Naturalmente non si allude alla vendetta, ma alla sana registrazione di un fatto di cui è necessario tener conto da quel momento in poi. 

Psichiatria a Milano