Tumore ovarico: tipologie, sintomi e cure!

Tumore ovarico: tipologie, sintomi e cure!

Editato da: Cecilia Ghidotti il 28/09/2021

Tra tutte le forme tumorali, quello alle ovaie è sicuramente il più preoccupante e temuto dal genere femminile. Il Dott. Francesco Antonino Battaglia, esperto in Ginecologia ed Ostetricia a Latina, ce ne parla in questo articolo

Quali tipologie di tumori all’ovaio esistono?

Il carcinoma ovarico è una patologia dell’apparato genitale femminile subdola ed in molti casi, particolarmente aggressiva. Generalmente si manifesta in donne in età riproduttiva ma anche in età avanzata, con una maggiore prevalenza attorno la sesta decade di vita, e costituisce il 30% di tutti i tumori maligni dell’apparato genitale femminile.Dalle rilevazioni statistiche più attuali si stima che nella popolazione italiana circa 1 donna su 76 potrà sviluppare nel corso della vita un carcinoma ovarico.

Come dicevo, è una patologia ad esordio spesso subdolo e di difficile diagnosi nelle prime fasi di esordio: circa il 75-80% delle pazienti presenta al momento della diagnosi una malattia in fase avanzata (stadio III-IV) a causa della scarsezza dei sintomi negli stadi iniziali. Questo dato condiziona di molto la prognosi: la sopravvivenza a 5 anni è infatti sensibilmente differente in base allo stadio clinico di esordi o negli stadi clinici iniziali. Quando la malattia è confinata ad uno o entrambe le ovaie non è diffusa in addome, la sopravvivenza varia dal 70-90% allo stadio I dal 50-60% al secondo stadio; purtroppo la prognosi peggiora sensibilmente se la neoplasia è scoperta in una fase di diffusione neoplastica extra pelvica (stadio III 20-40%; stadio IV 10%.)

L’organizzazione mondiale della sanità (OMS) suggerisce una classificazione del tumore ovarico secondo la sede di insorgenza in tumore ovarico primitivo o (o primario) quando la malattia insorge a carico dell’ovaio, delle tube o del peritoneo ed in tumore ovarico secondario quando quest’ultimo è colpito come metastasi da un tumore derivante da un altro organo (più frequentemente di origine dall’apparato gastroenterico, ma anche dal sistema linfatico o altre sedi). Il tumore ovarico primitivo inoltre viene classificato in base alle caratteristiche istologiche in:

  • Stromale, quando il tumore origina dalle cellule del tessuto “di sostegno dell’ovaio” ricco di collagene e vasi sanguigni, posta al di sotto delle cellule epiteliali, funzionalmente più attive;  
  • Germinale, quando origina dalle cellule da cui originano gli ovuli;
  • Epiteliale (che rappresenta il tipo istologico più frequente), che si origina dalle cellule epiteliali e si può presentare in forme diverse sia dal punto di vista clinico che prognostico e richiede specifiche azioni terapeutiche.  

Sinteticamente ricordiamo: il carcinoma sieroso di alto grado (che rappresenta il 70% dei tumori epiteliari), il carcinoma endometrioide (10% dei casi e che può originare da focolai di endometriosi), il carcinoma a cellule chiare che incide per il 5-10% e sembra essere legato alla mutazione della proteina ARD1A, il carcinoma mucinoso 3% ed infine il carcinoma sieroso di basso grado che rappresenta meno del 5% dei casi di tumore epiteliale.

Esistono fattori di rischio che aumentano la probabilità di insorgenza del tumore?

La genesi del carcinoma ovarico, come per gran parte delle malattie neoplastiche, non è del tutto nota: concorrono sicuramente fattori genetici, allo studio dei quali la ricerca attuale ha dato notevole sviluppo, con notevoli progressi in termini di diagnosi e terapia, fattori ambientali, abitudini di vita. I fattori di rischio principali ad oggi noti, così come emergono dai numerosi studi condotti su popolazioni vaste con analisi statistiche multivariata dei fattori di rischio, e da meta-analisi sono rappresentati da: familiarità, mutazione geni BRCA 1 e 2, Sindrome di Lynch, età avanzata, nulliparità, infertilità, prima gravidanza in una età maggiore di 35 anni, obesità, esposizione al talco e pregresso cancro mammario.

Diagnosi precoce e prevenzione: come si effettuano?

Ad oggi, purtroppo non esistono test di screening che permettono di eseguire una diagnosi precoce della malattia. Il management diagnostico prevede:

  • Visita ginecologica accurata con accurata anamnesi;
  • Ecografia pelvica TV;
  • Dosaggio ematico di specifici marcatori tumorali. Questi esami, però, quando positivi, sono utili soprattutto per il follow-up e per la risposta alla terapia (Ca125, He4), più che per una diagnosi precoce.

Esami radiologici più accurati ed approfonditi (TAC, RMN, TAC-PEC) ad oggi non possono avere realisticamente una utilità per uno screening, ma risultano senz’altro utili, una volta sospettata la malattia per un accurato inquadramento diagnostico di II livello.

La sintomatologia classica (dolore pelvico, gonfiore addominale, perdite ematiche anomale, difficoltà digestive) è spesso riconducibile a problemi dell’apparato gastroenterico e quindi talvolta viene sottovalutata sia dalla paziente che dal medico curante. I sintomi più frequenti sono rappresentati da: aumento della circonferenza addominale, dolore pelvico persistente, difficoltà digestive ed alterazioni dell’alvo.

Come viene trattato oggi il tumore all’ovaio?

Il trattamento del tumore ovarico ad oggi prevede sicuramente un’azione multidisciplinare, con l’intervento di diversi specialisti. Ma il principale intervento terapeutico è rappresentato dalla chirurgia, eseguita in centri di ginecologica oncologica. Infatti i dati della letteratura riportano che le sopravvivenze maggiori sono riportate in quelle donne che sono state trattate in centri di riferimento, con chirurgia radicale, il cui obbiettivo principale è eliminare ogni traccia di malattia neoplastica (così detto residuo tumore 0), azione terapeutica che rende generalmente di fatto più efficace ogni ulteriore terapia successiva necessaria (terapie adiuvanti).

In sintesi estrema, oltre all’asportazione dell’ovaie bilateralmente e delle tube, occorre asportazione l’utero, l’omento, e le aree interessate da impianti neoplastici di tutti gli organi addominali coinvolti dalla patologia stessa: l’intervento può prevedere, in casi particolari, l’asportazione del peritoneo e resezioni importanti degli organi addominali, e interventi demolitivi che possono interessare lo spazio retroperitoneale.

È intuitivo che si tratti di una chirurgia particolarmente impegnativa che richiede una grande esperienza e spesso la collaborazione, di specialisti di varie branche chirurgiche: condizioni queste che possono più facilmente realizzarsi in centri di alta specializzazione.

Dopo la chirurgia molto spesso le pazienti devono sottoporsi ad una terapia antiblastica per ridurre il rischio di recidive. Esistono diverse categorie di farmaci efficaci disponibili e tra queste, negli ultimi anni, hanno trovato un utile ruolo i farmaci biologici con l’uso di anticorpi monoclonali sempre più specifici ed efficaci.

Ginecologia e Ostetricia a Latina