Artroscopia della spalla come soluzione ai problemi articolari

Pubblicato il: 10/07/2023 Editato da: Sharon Campolongo il 10/07/2023

Esploriamo quali sono le soluzioni per trattare i problemi articolari, in particolar modo l’artroscopia della spalla

Soluzioni per una rottura di cuffia dei rotatori

Quando abbiamo una rottura della cuffia dei rotatori la soluzione è sempre artroscopica a meno che dagli esami radiografici non si evincano delle condizioni di impossibilità a riparare.

La rottura della cuffia si deve riparare artroscopicamente grazie all’utilizzo di un sistema video che ci permette attraverso dei piccoli strumenti del diametro di una penna, di entrare all’interno dell’articolazione, visualizzare le lesioni, pulire l’articolazione dalla fibrosi e dalla reazione infiammatoria e riparare il tendine all’osso con dei device, che oggi sono addirittura senza metallo.

Quello che fa l’artroscopia è sicuramente più adatto di quello che fa la chirurgia aperta, che è molto più aggressiva, danneggia di più le superfici muscolari del deltoide ed è sicuramente più dolorosa, mentre l’artroscopia è mini-invasiva e permette di visualizzare i tessuti in maniera aumentata grazie all’ottica artroscopica.

Invece, nei casi in cui si ha un’artrosi di spalla è necessaria la sostituzione protesica che è valida anche come soluzione laddove vi sia una cuffia dei rotatori irreparabile con pazienti over 70. È possibile anche con pazienti sotto i 70 anni pensare a una riparazione biologica della cuffia dei rotatori, che può essere in parte artroscopica, come ad esempio il transfer del gran dorsale, un intervento in grado di ridonare mobilità alla spalla senza grandi incisioni. Questo tipo di intervento è però adatto solo ad un particolare tipo di paziente che non ha più la cuffia riparabile, non ha artrosi ed è ancora relativamente giovane anche funzionalmente.

raggi X di una spalla

Come funziona l’intervento alla spalla?

Sia nei traumatismi sportivi ma anche nella lesione della cuffia dei rotatori, l’artroscopia è un sistema in grado di raggiungere l’articolazione in modo mini-invasivo e di risolvere le patologie in maniera definitiva.

L’artroscopia è nata agli inizi del secolo scorso come un intervento diagnostico; nel tempo si è sempre più specializzata, soprattutto agli inizi, con la chirurgia artroscopica del ginocchio, per approdare poi negli anni ‘90 nella chirurgia artroscopia della spalla, dove c’è stato realmente un boom di questa procedura.

La diffusione di questa tecnica è sicuramente dovuta al fatto che permette di entrare all’interno dell’articolazione con piccoli strumenti che, grazie all’ampia superficie aggredibile dell’articolazione della spalla, possiamo introdurre da diverse direzioni.

Questo ci consente di riparare sia i tendini della cuffia sia un’instabilità di spalla, attraverso 4 buchini con i quali si riesce a entrare all’interno dell’articolazione e riparare, ad esempio nell’instabilità di spalla, tutta la superficie articolare.

Questo intervento, piuttosto breve (raramente supera i 50 minuti), si può fare in day hospital con anestesia periferica se il paziente è giovane.

Ci sono delle norme di preparazione prima di sottoporsi all’intervento?

Non ci sono particolari norme da seguire per la preparazione all’intervento da parte del paziente, tricotomia a parte per evitare problematiche durante l’intervento che potrebbero diventare anche infettive.

Sicuramente è fondamentale riferire al medico se ci sono in corso ascessi dentali o altre patologie infiammatorie che potrebbero determinare la diapedesi di germi verso il sito chirurgico.

Se il paziente è cardiopatico e segue una terapia anti-coaugulante, è bene che il paziente sospenda la terapia prima dell’intervento, quindi gli anti-coaugulanti orali ed esegua un trattamento con eparina a basso peso molecolare.

Com’è il recupero post operatorio?

Il recupero post-operatorio di un’artroscopia della spalla è essenzialmente caratterizzato da un’immobilizzazione, che nella maggior parte dei casi prevede l’utilizzo di un tutore in adduzione a 20°, portato per 4 settimane.

Nelle prime settimane il paziente viene lasciato libero di muovere polso, mano e gomito ma non può muovere la spalla. Mentre nelle seconde 2 settimane si procede alla mobilizzazione passiva della spalla e si può eseguire autonomamente con un kinetech o con l’aiuto di un fisioterapista.

Questa mobilità passiva permetterà alla spalla di affrontare, dopo la quarta settimana dall’intervento, una riabilitazione motoria che sarà sia attiva che passiva con il fisioterapista, per arrivare nei successivi 2 mesi a muovere completamente l’articolazione.

Normalmente la riabilitazione della spalla è di circa 3 mesi, in alcuni casi, in pazienti che sviluppano dei fenomeni di vera e propria capsulite adesiva post-chirurgica, o hanno una maggiore rigidità muscolare, si può protrarre fino ad altri 4 mesi.

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