Approfondiamo l'argomento con il Dott. Paolo Centofanti, esperto in Cardiochirurgia a Torino
Quali sono i sintomi principali dell’insufficienza mitralica?
I sintomi principali dell’insufficienza mitralica sono la dispnea (mancanza di fiato) che compare inizialmente sotto sforzo e poi con l’avanzare della patologia anche a riposo, l’astenia e la comparsa di edemi declivi. Dal momento che l’insufficienza mitralica può essere spesso associata all’insorgenza di fibrillazione atriale il paziente può anche avvertire delle palpitazioni.
In che modo viene effettuata la diagnosi?
La diagnosi di insufficienza mitralica è basata sull’ecocardiogramma che ci permette di valutare la severità del vizio valvolare e la morfologia della valvola.
Quando è indicato il trattamento dell’insufficienza mitralica?
Secondo le ultime linee guida europee l’intervento cardiochirurgico è indicato in tutti i pazienti sintomatici e nei pazienti asintomatici che iniziano a sviluppare una compromissione della funzionalità cardiaca o ipertensione polmonare.
Quali sono gli approcci più comuni per trattare l’insufficienza mitralica?
Attualmente l’approccio di prima scelta per il trattamento dell’insufficienza mitralica è la minitoracotomia destra. Attraverso una piccola incisione al IV spazio intercostale destro si riesce ad accedere all’atrio di sinistra e quindi alla mitrale. L’intervento viene sempre condotto con l’ausilio della circolazione extracorporea e fermando il cuore. Qualora sia possibile la valvola mitrale può essere riparata mantenendo la valvola nativa del paziente, nel caso in cui questo non sia fattibile la valvola deve essere sostituita con una protesi.
Quali tipi di protesi sono disponibili?
Esistono due tipi di protesi: meccaniche e biologiche. Le protesi meccaniche sono le protesi di scelta nei pazienti più giovani (in media <65 anni) poiché hanno il vantaggio di avere una durata potenzialmente illimitata; lo “svantaggio” è che richiedono di assumere una terapia anticoagulante a vita. Le protesi biologiche, invece, sono le protesi di scelta nei pazienti più anziani. Non richiedono di assumere terapia anticoagulante (se non per i primi 3 mesi dall’intervento) ma hanno lo svantaggio che nel tempo tendono a degenerare ed è questo il motivo per cui non vengono proposte a pazienti giovani poiché esporrebbero il paziente alla necessità di un reintervento per sostituire la protesi degenerata.