La displasia evolutiva dell’anca: qual è il trattamento specialistico più adeguato?
Non potendo predire in età neonatale quali anche si normalizzeranno spontaneamente, quali andranno progressivamente incontro a una lussazione e quali tra quelle stabili potranno sviluppare una displasia residua, tutte le anche clinicamente instabili alle manovre di screening devono essere trattate e monitorate nel tempo. Nel precedente articolo il Dott Sergio Monforte ci ha illustrato quali sono le manovre di screening e le indagini strumentali utili, ma quali sono i trattamenti che possono essere messi in atto?
Partiamo dalla diagnosi
Una diagnosi precoce (entro il primo mese o, se possibile, fin dai primi giorni di vita) è il presupposto essenziale per ottenere i migliori risultati terapeutici: studi recenti hanno infatti identificato la sesta settimana di vita come limite ideale entro il quale giungere alla diagnosi e iniziare il trattamento specialistico: oltre a tale età si riducono infatti le garanzie per una completa normalizzazione dell’acetabolo in risposta alla terapia.
Quali sono i principi fondamentali del trattamento specialistico?
Sebbene le opzioni terapeutiche in ambito specialistico variano a seconda dell’età in cui viene posta la diagnosi e iniziato il trattamento, i principi fondamentali del trattamento specialistico nella DDH individuano i seguenti obiettivi comuni:
- ottenere una riduzione concentrica senza sforzi eccessivi;
- mantenere la riduzione concentrica per un tempo ottimale;
- promuovere la normale crescita e sviluppo di tutte le componenti anatomiche dell’anca neonatale;
- minimizzare le possibili complicazioni iatrogene.
Il protocollo terapeutico da noi adottato in ambito specialistico ortopedico prevede che:
- i bambini sintomatici alla manovra di Ortolani eseguano, prima della dimissione ospedaliera, un controllo ecografico delle anche per confermare la necessità di un trattamento precoce;
- i neonati positivi alla manovra di Barlow, in assenza di fattori anamnestici predisponenti, vengano rivalutati ambulatorialmente a 2/4 settimane per l’elevata percentuale di remissione spontanea (80% dei casi) e screenati ecograficamente a 4-6 settimane, se clinicamente silenti, per identificare forme lievi e moderate di displasia acetabolare potenzialmente evolutive se non trattate;
- tutti i neonati negativi alle manovre di screening ma con fattori di rischio anamnesticamente significativi (presentazione podalica, sesso femminile, familiarità positiva) vengano sottoposti a screening ecografico tra la 4ª-6ª settimana di vita biologica;
- tutti i neonati negativi alle manovre di screening e ai fattori di rischio anamnesticamente significativi vengano sottoposti a screening ecografico tra la 6ª-8ª settimana di vita biologica.
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Qual è il trattamento privilegiato per la displasia evolutiva delle anche?
Fino ai 6 mesi di età il divaricatore in abduzione rimane ancora oggi il trattamento di scelta per la displasia evolutiva delle anche, e il tutore dinamico di Pavlik è quello universalmente più usato in quanto in grado di stabilizzare con successo più del 90% delle anche instabili e del 70% delle anche Ortonali positive: le anche vengono posizionate e mantenute in un range terapeutico compreso tra 90-110° di flessione e i 40-50° di abduzione, allo scopo di promuoverne l’allineamento e la stabilizzazione dell’articolazione, e facilitare la progressiva regressione della displasia acetabolare residua.
Controindicato per il trattamento di lussazione/displasia associata a rigidità articolare (artrogriposi), alterazioni del tono muscolare (paralisi cerebrale, spina bifida) o iperlassità secondarie (Ehlers-Danlos), il tutore di Pavlik è prescritto:
- per il trattamento di un’anca instabile/displasica (Ortolani - / Barlow +): va mantenuto full time per almeno 6 settimane e monitorato clinicamente ogni 2 settimane fino a completa guarigione clinica, ecografica e radiologica (da introdurre dopo il 5° mese di vita);
- per il trattamento di un’anca lussata (Ortolani +) in un bambino di età < ai 6 mesi va mantenuto 6/12 settimane monitorando ecograficamente il progressivo ricentraggio femoro-acetabolare ogni 7/10 giorni. Se entro le prime 3-4 settimane di trattamento in tutore non si ottiene un significativo miglioramento ecografico si deve cambiare strategia terapeutica ipotizzando la presenza di ostacoli meccanici alla riduzione dinamica della lussazione.
Nelle forme d’immaturità acetabolare ecograficamente documentate entro il III° mese di età si può usare, in alternativa al tutore in abduzione, una mutandina in neoprene o in gommapiuma per una “sorveglianza attiva”, non sapendo a priori se l’immaturità acetabolare riscontrata allo screening ecografico e clinicamente silente sia in grado di evolvere in displasia o risolversi spontaneamente.
Nei rari casi di scarsa compliance al tutore dinamico, un’alternativa possibile per il trattamento delle forme di displasie acetabolari stabili è rappresentata dal tutore rigido di Milgram.
Se non si è in grado di ottenere una riduzione stabile, o nei casi di displasia acetabolare grave associata a instabilità, il tutore in abduzione va abbandonato perché inefficace e si esegue in narcosi:
- un’artrografia dinamica per visualizzare la presenza di strutture anatomiche (m. adduttori, tendine m. psos) che impediscono o “forzino” la riduzione in posizione estreme a rischio di necrosi avascolare della testa femorale, o per identificare il reale grado di displasia acetabolare e le condizioni del ciglio acetabolare;
- la manovra di riduzione della lussazione per valutare se l’anca è riducibile in “safe zone” in modo incruento o solo se associata a tenotomia psos e/o release miotendinee degli adduttori per via percutanea o in mini-open;
- la stabilizzazione dell’avvenuta riduzione in apparecchio pelvi podalico.
L’avvenuta riduzione e la sua stabilità andranno confermate con l’esecuzione di una RMN sotto gesso prima della dimissione ospedaliera, e l’apparecchio gessato verrà mantenuto per almeno 12 settimane.
Nei rari casi in cui anche la riduzione incruenta non sia stata in grado di ottenere una riduzione stabile e permanente è necessario eseguire, ma non prima dei 6 mesi di età, una riduzione cruenta per via anteriore o mediale.
Dopo i 3-5 anni, per correggere forme d’instabilità articolare significative e la displasia acetabolare residua, si rendono necessarie procedure multiple sul bacino e sul femore.
Le osteotomie di bacino, in genere associate ad osteotomia di accorciamento del femore, vengono scelte in base alle condizioni della cartilagine triradiata, alla congruità del rapporto anatomico tra testa femorale e superficie acetabolare, alla localizzazione dell’insufficienza (anteriore, posteriore, laterale) della superficie articolare da coprire, alla preferenza del chirurgo e sono eseguite per:
- aumentare la copertura della testa del femore, senza cambiare la forma dell’acetabolo (osteotomia innominata secondo Salter, l’osteotomia periacetabolare Bernese secondo Ganz);
- cambiare la forma dell’acetabolo (acetabuloplastica secondo Pemberton e l’osteotomia secondo Dega).
Per sapere di più sulla Displasia dell'anca, consulta il nostro Dizionario Medico.