L’osteoporosi è una malattia rilevante a livello sociale. Si stima infatti che nel nostro Paese 1 donna su 3 over 50 anni (su circa 5.000.000 di persone) e 1 maschio su 8 over 60 anni (su circa 1.000.000 di persone) ne siano affetti. Anche le conseguenze sociali sono rilevanti; basti considerare che ad oggi meno del 50% dei pazienti che presentano un alto rischio di fratture è trattato con farmaci anti-osteoporotici. Ne abbiamo parlato con il Dott. Stefano Giacomini, specialista in Ortopedia e Traumatologia
Cos’è l’osteoporosi?
Malattia dell’apparato scheletrico, l'osteoporosi (che letteralmente significa "osso poroso") consiste nel deterioramento della struttura del tessuto osseo a causa di una carenza di minerali, con il conseguente aumento della fragilità delle ossa. Tale condizione determina un maggiore rischio di fratture a seguito di traumi anche minimi.
Possono esserci due diverse forme di osteoporosi:
- una forma primaria, che include le varietà senile e post-menopausale;
- una forma secondaria, causata da diverse patologie e dall’assunzione di certi farmaci nel medio-lungo periodo.
Quali sono i sintomi? Ed eventuali fattori di rischio?
Normalmente l’osteoporosi non si manifesta con dei sintomi precisi, ma il suo verificarsi influisce sulle successive fratture ossee, nella maggior parte dei casi molto dolorose. Nonostante ciò, esistono dei fattori di rischio che possono influire sull’insorgenza della malattia. Tra questi sono da menzionare:
- bassi livelli di vitamina D o di calcio;
- ereditarietà;
- basso indice di massa corporea (BMI);
- bassi livelli di estrogeni;
- assunzione di farmaci;
- stile di vita irregolare: cattiva alimentazione, assenza di attività fisica, vizio del fumo e dell’alcol.
Come avviene la diagnosi?
Per diagnosticare l’osteoporosi, a detta dell’Organizzazione Mondiale della Salute bisogna usare il parametro T-score, con cui è possibile rilevare la densità ossea di un paziente mettendola in comparazione con un giovane adulto (circa 35 anni) che presenta condizioni ottimali di salute. Se il valore risulta essere al di sotto di questo parametro, è possibile individuare una condizione di osteoporosi.
La tecnica con cui viene diagnosticata l’osteoporosi è la densitometria ossea, mentre il metodo più utilizzato è quello a raggi X a doppia energia (DEXA). La prima è una tecnica diagnostica che individua la densità minerale ossea di un soggetto, di solito nella colonna vertebrale, tibia, dita, polso e anca; la seconda valuta la quantità di osso sia corticale sia trabecolare, ed esprime la densità ossea rispetto al picco di massa ossea appartenente al soggetto di controllo.
Altri esami che si possono effettuare per diagnosticare l’osteoporosi sono e l'ultrasonografia ossea quantitativa, la tomografia computerizzata quantitativa e la tomografia computerizzata quantitativa periferica.
Quali sono le cure?
Purtroppo dall’osteoporosi non si può guarire perché il tessuto osseo raggiunge una condizione irreversibile; tuttavia, si possono adottare delle soluzioni per rallentarne o arrestarne la progressione.
Alcuni farmaci possono essere d’aiuto, quali ad esempio quelli anti-osteoporotici, ma anche lo stile di vita è importante. Ecco perché è fondamentale praticare costantemente attività fisica e seguire una dieta sana ma soprattutto ricca di vitamina D e calcio, da integrare con eventuali integratori qualora fosse necessario.
In caso di osteoporosi avanzata, è necessario l’intervento a più riprese di un ortopedico, neurochirurgo della colonna vertebrale, fisiatra e terapista del dolore. Queste indicazioni sono utili anche per fare prevenzione, che dovrebbe già cominciare in tenera età.