Bypass aortocoronarico: una nuova promettente tecnologia per raddoppiarne la durata nel tempo

Bypass aortocoronarico: una nuova promettente tecnologia per raddoppiarne la durata nel tempo

Editato da: Serena Silvia Ponso il 29/06/2023

La cardiopatia ischemica è tutt’ora la prima causa di morte nel mondo occidentale, ma quando si scopre prima che è in corso un infarto potenzialmente fatale, ci sono metodiche affidabili e collaudate per aiutare il paziente a tornare a una vita completamente normale, dimenticandosi relativamente della propria cardiopatia: lo stent e il bypass aortocoronarico. Il Prof. Luca Paolo Weltert, Cardiochirurgo a Roma, si è concentrato sul bypass aortocoronarico e su una nuova tecnologia che permette di raddoppiarne la durata

Il bypass aortocoronarico e i suoi limiti

Il bypass aortocoronarico ha un’efficacia superiore allo stent, ma presenta anche un grado di invasività superiore e dunque va riservato ai casi più gravi, che non potrebbero essere trattati con efficacia con lo stent.

Ma anche il bypass, troppo volte si dimentica di dirlo e di farlo capire al paziente, ha dei limiti potenziali, soprattutto di durata nel tempo.

Questo fenomeno è più evidente quando i bypass sono confezionati usando la vena safena, che non nasce nel nostro corpo per veicolare il sangue ad alta pressione come nel sistema arterioso. Quando “trapiantata" nel ruolo di bypass, la continua spinta sulla sua parete relativamente più sottile la porta a degenerare, e questo limita la durata del bypass venoso a meno di dieci anni e in una quota di casi a meno di cinque anni.

 

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Come allungare la durata del bypass aortocoronarico?

A partire dal 2017, per cercare di ovviare a questo limite intrinseco delle vene, sono stato tra i primi al mondo a cominciare a utilizzare una tecnologia sviluppata in Israele: il supporto esterno VEST.

Si tratta di una sorta di “calza metallica” che posizionata all’esterno della vena le dona quel terzo strato che la natura le ha negato, e che restituisce come in un “rimbalzo” parte dell’energia cinetica al sangue, minimizzando quei fenomeni di turbolenza che portano al restringimento (in termini tecnici la “iperplasia intimale”) della vena e infine alla sua chiusura, con il rischio potenziale di un infarto nuovo anche su un segmento già oggetto di bypass e su cui ci sentivamo “tranquilli”.

Questa esperienza è stata oggetto di varie pubblicazioni scientifiche internazionali ed è ora parte delle evidenze che l’FDA, l’ente americano che governa l’introduzione di una tecnologia sul mercato americano, sta considerando positivamente per l’approvazione definitiva: per una volta siamo arrivati prima noi degli americani a forgiare un pezzo di futuro.

Questa nuova tecnologia ha dei rischi per il paziente?

L’uso della VEST non comporta rischi aggiunti durante l’intervento, non ha dimostrato effetti collaterali e può essere applicata a tutte le configurazioni.

Ha ovviamente un costo aggiuntivo, ma che è ben giustificato, anche a livello del sistema sanitario nazionale, per i costi che riduce in termini di minori infarti futuri, minori interventi di stenting e per il potenziale di vite umane che salva.

Perché vale la pena scegliere questa nuova tecnologia?

Il paziente che si affida a noi, e quindi all’uso della VEST per la sua rivascolarizzazione, acquisisce così un potenziale significativo vantaggio per il suo futuro, sperando di potersi dimenticare per sempre della sua malattia e tornare a una vita piena e appagante.

 

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