Cause e terapie dell’Alzheimer: cosa sappiamo?

Cause e terapie dell’Alzheimer: cosa sappiamo?

Editato da: Alice Cattelan il 23/02/2023

Nel precedente articolo abbiamo approfondito assieme al Prof. Giovanni D’Attoma la malattia d’Alzheimer e quali strumenti abbiamo per diagnosticarla. Vedremo qui, invece, quali sono le cause della patologia e quali modalità di trattamento abbiamo al giorno d’oggi

Alzheimer: sappiamo le cause?

I fattori scatenanti la patologia sono ancora incerti e in fase di studio, nel giro di pochi anni avremo sicuramente informazioni più accertate.

Certe sono le alterazioni che si notano nella struttura del cervello:

  • Riduzione di peso e di grandezza di ippocampo area frontale ed area temporale;
  • Presenza nelle cellule celebrali di depositi di beta-amiloidei (proteina che soffoca la funzionalità delle cellule nervose);
  • Diminuzione dei dendriti (fibre neuronali che consentono la comunicazione tra cellule);
  • Presenza di depositi di alluminio, rame e ferro.

Una delle sorgenti di questi depositi di metalli si può individuare nel cromosoma 19. Questo sarebbe, infatti, responsabile della formazione delle proteine APOE4, EPC2 e TOMM40 da cui si scatena la patologia.

Ulteriori recenti studi in laboratorio sembrano determinare altri fattori:

  • L’attività della capsiasi-3:
  • L’attività della calcineurina;
  • Variazioni del flusso ematico cerebrale;
  • Coinvolgimento prionico.

Esistono fattori di rischio che possono facilitare il manifestarsi dell’Alzheimer. Tra di essi sottolineiamo: l’ipertensione, l’ipercolesterolemia, il diabete, uno stile di vita sedentario, lo fumo ed eventuali traumi cranici.

Come avevamo già introdotto nel precedente articolo, fortunatamente oggi abbiamo gli strumenti per diagnosticare la patologia precocemente come i biomarkers che individuano la presenza della proteina Abeta42 e la valutazione dell’ippocampo e della zona fronto-temporale grazie al neuroimaging.

Trattamento dell’Alzheimer

Più tempestivamente si agisce meglio è. Come già introdotto precedentemente, la terapia deve iniziare al manifestarsi dei primi disturbi cognitivi attraverso esercizi che favoriscano la memoria e la motricità e, nel caso ci sia bisogno, accompagnarli con una terapia farmaceutica.

Al momento non vi è una terapia farmacologica ben chiara. Miglioramenti cognitivi o sembrano derivare da farmaci inibitori della colinesterasi e del recettore del N-metil-D-aspartato, anche se non tutta l’opinione medica risulta soddisfatta del trattamento. Un’altra possibilità risiede nella sibilina, che aiuterebbe ad inibire l’aggregazione di beta-amiloidei.

Per quanto riguarda i vaccini, l’emozione iniziale della scoperta è stata pian piano spenta dagli scarsi risultati ottenuti nel corso degli ultimi anni, anche se la ricerca sta lavorando su versioni più promettenti.

Nel centro Cefalee e Neuropsichiatria di Ostuni, il Prof. D’Attoma sta utilizzando una tecnica innovativa. Si tratta della TMS, Transcarinc Magnetic Stimulation, che sembra avere ottimi risultati soprattutto nelle fasi iniziali della patologia.

Psichiatria a Ostuni