Come curare uno dei dolori più comuni: il mal di schiena lombare

Come curare uno dei dolori più comuni: il mal di schiena lombare

Editato da: il 04/04/2023

Il Prof. Marcello Bartolo, esperto in Neuroradiologia Interventistica a Roma ed a Pozzilli (Isernia), descrive uno tra i mal di schiena più comuni, quello lombare, e spiega come trattarlo

Cosa si intende per sindromi dolorose lombari?

Il mal di schiena lombare, con coinvolgimento o meno degli arti inferiori, è una condizione molto comune. Esso si può presentare in forma acuta o cronica e i principali fattori di rischio sono la vita sedentaria e l’obesità. La forma acuta, la cui causa più comune è la protusione o ernia discale che determina sciatalgia, è caratterizzata da una breve durata (inferiore ai tre mesi), mentre la forma cronica persiste nel tempo ed è frequentemente causata (tra il 15% e il 40% dei casi) dalla sindrome delle faccette articolari lombari.

A volte tale sindrome può essere affiancata da altri problemi, contribuendo così al dolore e alla disabilità in modo prevalente o parziale. 

Come si effettua la diagnosi?

La diagnosi è prevalentemente clinica ed è facilmente rilevabile dalla descrizione del dolore da parte del paziente. Inoltre, vengono fatti eseguire dei movimenti attivi e passivi in modo da far lavorare le faccette stesse: in base alla risposta del paziente a questi movimenti, si potrà diagnosticare la sindrome. I tipi di dolore che il paziente avverte possono essere di varia natura e collocati in diversi punti: 

  • Dolore in sede lombare profondo, spesso prevalente da un lato rispetto all’altro
  • Dolore riferito all’inguine, alla coscia, alla natica e alla cresta iliaca
  • Dolore alla digitopressione delle faccette stesse
  • Aumento del dolore con il movimento di estensione (inarcamento all’indietro) della colonna
  • Dolore alla rotazione del tronco verso il lato affetto
  • Aggravamento del dolore dopo prolungata stazione eretta e posizione seduta

Inoltre, attraverso la Risonanza Magnetica, è possibile mettere in evidenza il versamento fluido nelle articolazioni interapofisarie vertebrali.

Come si tratta la sindrome delle faccette articolari?

La terapia per la sindrome delle faccette articolari prevede in prima istanza l’assunzione di antinfiammatori associati a delle sedute di fisioterapia (esercizi ed educazione posturale).
Quando la terapia conservativa, ovvero non chirurgica, è inefficace, è possibile effettuare delle infiltrazioni o un trattamento con radiofrequenza. La caratteristica fondamentale di tali infiltrazioni è che vantano una bassissima incidenza di complicanze se effettuati con la guida dei raggi X, dato che si praticano relativamente lontano dal disco intervertebrale, dal midollo spinale, dalle radici nervose e dai vasi.
È possibile infiltrare le faccette con anestetico e corticosteroide, oppure realizzare un trattamento elettrico che toglie l’innervazione di queste strutture e i cui benefici sono più duraturi nel tempo.


In seguito al trattamento, è necessario comunque impegnarsi in un percorso di riabilitazione proporzionale alle proprie possibilità.

Come viene eseguita la procedura di Radiofrequenza (RF)?

L’infiltrazione viene comunemente fatta su almeno tre livelli e solitamente si parte dal lato ritenuto più doloroso, mentre il paziente è sdraiato in posizione prona, ovvero a pancia in giù. Dato che si impiegano i raggi X, questa procedura è controindicata nelle persone in stato di gravidanza o presunta tale.
L’infiltrazione o la applicazione di RF, consiste nel posizionare la punta dell’ago vicino o dentro la faccetta articolare ed è dolorosa come la puntura di un’altra articolazione (solitamente ben tollerata). La procedura ha una durata di circa 20 minuti e solo in rari casi alcuni pazienti lamentano dolore lungo la traiettoria dell’ago, che in seguito sparisce nell’arco delle 24 ore. Per prevenire le infezioni a causa dell’infiltrazione, questo tipo di trattamento va praticato solo in una sala operatoria con tecnica sterile.

 

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Radiologia a Pozzilli