Fibrosi epatica ed elastosonografia

Fibrosi epatica ed elastosonografia

Editato da: Veronica Renzi il 17/04/2023

L’elastosonografia è un nuovo tipo di indagine che svolge la stessa funzione della palpazione, ma agendo attraverso gli ultrasuoni. Il Dott. Antonio De Fiores, esperto in Radiologia a Roma ci spiega come agisce.

Che cos’è l’elastosonografia?

L’elastosonografia è una metodica in continua evoluzione che risulta fondamentale per studiare il grado di elasticità di un organo andando a valutare un danno patologico, che sia questo circoscritto in un punto o diffuso.

Ad oggi trova la sua migliore applicazione sui tessuti molli (mammella, tiroide, apparato muscolo-scheletrico) pur fornendo importanti dati nello studio del fegato e della prostata. Possiamo definire l’elastosonografia come una palpazione virtuale fatta con la sonda ecografica o utilizzando il fascio di ultrasuoni che colpisce gli organi, che si basa su una propagazione degli ultrasuoni in senso longitudinale (strain) o trasversale (sheare wave). Quest’ultimo tipo di propagazione può fornire informazioni sia sull’intero organo che sull’interno di una zona valutata come volume campione.

Per quali patologie è indicata l’elastosonografia?

Per quanto riguarda il fegato continuano ad essere numerosi gli studi sull’elastosonografia, in particolare quelli relativi alla fibrosi. La maggior parte degli studi riguardano pazienti con epatite C, ma anche con NAFLD (steatosi epatica), NASH (steatosi epatica non alcolica), pazienti coinfetti e cirrotici. La metodica, molto affidabile, può sostituire la biopsia. Per quanto riguarda le lesioni focali epatiche, non si hanno ancora sufficienti dati per attribuire all’elastosonografia un ruolo fondamentale.

Quali sono i vantaggi e i limiti della elastosonografia?

Il dispositivo misura la rigidità di una sezione cilindrica di tessuto epatico all’incirca 100 volte maggiore rispetto a quella prelevata durante una comune biopsia. Essendo questo campione più rappresentativo, il vantaggio della elastosonografia è quello di ridurre la percentuale di errore: il sistema è infatti tarato in modo da rifiutare automaticamente le stime di elasticità se la propagazione dell’onda non è misurata in modo appropriato. Dato che solo le onde con velocità di propagazione vengono rilevate, con l’elastosonografia si eliminano quei segnali di disturbo causati da strutture vascolari o lesioni focali.

I limiti di questo trattamento sono il liquido ascitico, i ristretti spazi intercostali e l’obesità: inoltre alcuni medici ne sconsigliano l’uso nelle donna in gravidanza.

Come si effettua l’elastosonografia?

L’elastosonografia valuta la fibrosi del fegato misurandone la sua durezza che viene espressa in kPa (Kilopascal, l’unità di misura che indica lo sforzo e la pressione).

Un paziente che non soffre di malattie al fegato presenta:

  • Un valore medio di rigidità del fegato pari a 5.3 kPal: questo valore non cambia in base all’età ma si è notato come le donne presentino mediamente livelli più bassi.
  • Una velocità di propagazione di 1 m/sec

Mentre un paziente affetto da fibrosi epatica severa presenta:

  • Una rigidità del fegato di 27 kPal
  • Una velocità di propagazione di 3m/sec

Come sempre succede nella pratica clinica, anche in questo caso bisogna interpretare i risultati tenendo conto della variabilità delle misurazioni effettuate (IQR) e il numero di misurazioni utili (Succes Rate), che deve essere almeno pari al 60% rispetto al numero totale delle acquisizioni svolte per essere considerato affidabile; ne consegue che il numero delle misurazioni effettuate dovrà in qualche misura tenere conto di questi parametri.

In conclusione, ricordando che la storia naturale dell’epatite C prevede una sua tendenza alla progressione verso la fibrosi, grazie alla possibilità di effettuare una diagnosi tempestiva si può dedurre l’importanza di uno screening elastosonografico sul fegato di pazienti che soffrono di questa patologia. Non trascurabile, infine, il dato che la rigidità del tessuto superiore a 25 KPa può essere predittiva dello sviluppo di un tumore al fegato.

Radiologia a Roma