Prevenzione del tumore alla prostata: i consigli dell’esperto

Prevenzione del tumore alla prostata: i consigli dell’esperto

Editato da: Jennifer Verta il 29/03/2023

È possibile prevenire il tumore alla prostata? Anche se non esistono ancora prove definitive, gli specialisti concordano che modifiche dell’alimentazione e dello stile di vita potrebbero essere la soluzione. Ce ne parla il Prof. Roberto Miano, esperto in Urologia a Roma

Un nemico della qualità della vita di tutta la famiglia

Il tumore della prostata è la prima neoplasia per incidenza e la terza per mortalità nel sesso maschile in Italia (dati AIOM 2018). Si calcola che circa 20-25 uomini su 100 ricevono una diagnosi di tumore della prostata ogni anno. Tuttavia, se diagnosticato e trattato precocemente ha un tasso di sopravvivenza di circa il 90% a 5-10 anni dalla diagnosi. Il trattamento di questo tumore può però determinare un importante peggioramento della qualità della vita del paziente, del coniuge, dei familiari, andando a influenzare significativamente la sessualità e la continenza urinaria.

Fattori di rischio

Sebbene l’età rappresenti il maggior fattore di rischio del tumore della prostata, con una crescita esponenziale di diagnosi dopo i 50 anni, esistono anche altri fattori di rischio altrettanto rilevanti. La relativa frequenza di casi di tumore della prostata nei parenti di primo grado dei soggetti affetti da questa patologia, suggerisce una eventuale trasmissione genetica, che ad oggi interessa solo una piccola sottopopolazione che rappresenta circa il 9% dei pazienti affetti da tumore della prostata. Alcuni trial in corso stabiliranno l’eventuale applicabilità di test di screening per lo studio della suscettibilità genetica a questo tumore. Anche la razza rappresenta un importante fattore di rischio, e la popolazione nera di origine africana rappresenta l’etnia maggiormente colpita.

 

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La prevenzione passa anche per l’alimentazione e uno stile di vita attivo

Non esistono ancora dati certi a favore del ruolo della prevenzione per il tumore alla prostata, ma la sua incidenza fortemente differente tra le varie popolazioni suggerisce un ruolo della dieta e di fattori ambientali, sebbene gli studi eseguiti sui fattori dietetici non abbiano rilevato particolari associazioni dirette tra un singolo alimento e il tumore della prostata. Ad oggi gli unici fattori dietetici per i quali esiste un'associazione con lo sviluppo di un tumore della prostata sono gli alcolici e un alto consumo di latticini. Il ruolo di una dieta ricca di grassi è ancora dibattuto, sebbene l’obesità sembra essere in relazione con una maggiore incidenza di tumore della prostata maggiormente aggressivo. Gli studi su un eventuale ruolo protettivo del licopene, vitamina D, vitamina E e selenio non hanno evidenziato un sicuro ruolo di questi fattori. Certamente comunque un'alimentazione equilibrata e uno stile di vita attivo potrebbero essere in grado, anche indirettamente, di ridurre il rischio di sviluppo della patologia tumorale.

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Attualmente non esistono ricerche scientifiche che appoggino questa ipotesi, benché sembra che gli uomini con una frequenza eiaculatoria frequente abbiano un più ridotto rischio di sviluppo del tumore della prostata.

I test di screening

Lo screening del tumore della prostata è sicuramente uno degli argomenti più dibattuti in ambito urologico, con opinioni contrastanti tra le varie società scientifiche.La Società Italiana di Urologia, in linea con le indicazioni dell’Associazione Europea di Urologia, consiglia l’utilizzo dei test di screening nella popolazione maggiormente a rischio (maschi >50 anni, maschi >45 anni con familiarità per tumore della prostata, afro-americani >45 anni), dopo un'adeguata informazione sui benefici e sui rischi dello screening stesso, legati fondamentalmente al rischio di diagnosi e conseguente trattamento di tumori clinicamente non significativi. 

I test di screening consistono nell’eseguire un prelievo di sangue per il dosaggio del valore dell’Antigene Prostatico Specifico (PSA). Il PSA è una proteina prodotta esclusivamente dalla ghiandola prostatica e non dalle sole cellule tumorali della prostata: i suoi valori elevati possono quindi essere conseguenza di una ipertrofia prostatica (un aumento del volume della prostata conseguente all’età) o di una infiammazione della ghiandola prostatica. Nonostante non dia una risposta univoca, l’esame del PSA risulta quindi importante per dare una prima indicazione e procedere di conseguenza. L’altro test di screening è rappresentato da un’esplorazione digitale rettale in corso di visita urologica per verificare la presenza di anomalie palpatorie nella ghiandola. La frequenza di ripetizione dei test di screening nella popolazione maschile tra i 50 e i 70 anni sarà poi decisa dall’urologo in relazione al valore iniziale del PSA e alla dinamica del PSA. In presenza di un valore di PSA < 1ng/ml a 50 anni, il rischio di sviluppo di un tumore della prostata è molto basso. In una persona con una speranza di vita <10 anni lo screening non arreca alcun beneficio.

 

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