Protesi d’anca: la soluzione è la Fast Track

Protesi d’anca: la soluzione è la Fast Track

Editato da: Marta Buonomano il 07/03/2023

Le aspettative dei pazienti che decidono di sottoporsi ad un impianto di protesi d’anca sono molto alte in termini di recupero articolare, di riduzione del dolore, della degenza e del ritorno alla vita normale. Il nostro esperto in Ortopedia e Traumatologia a Lecce e Roma, il Dott. Vinicio Perrone, ci parla del percorso Fast Track

Perché scegliere il Fast Track nella chirurgia protesica dell'anca?

Il “percorso rapido”, conosciuto con il nome di “Fast Track”, è in grado di migliorare notevolmente la qualità dei risultati offerti da un intervento di protesi d’anca, riducendo il dolore postoperatorio e lo stress chirurgico. Grazie al Fast Track, il paziente è protagonista del suo stesso recupero: vale a dire che il risultato sarà migliore rispetto ai protocolli standard perché si lavora anche sul lato psicologico, motivando il paziente nelle aspettative.

Cosa prevede il percorso Fast Track?

In particolare, la procedura prevede:

  • Incisioni chirurgiche con approcci meno invasivi per rispettare l’anatomia;
  • Rischio ridotto (quasi nullo) di trasfusioni di sangue;
  • Controllo del dolore post-operatorio;
  • Assenza di drenaggi articolari e di catetere vescicale;
  • Recupero totale dell’articolarità e della deambulazione con girello entro le prime 6 ore dall’operazione;
  • Rieducazione al passo con stampelle a partire dal giorno successivo alla chirurgia;
  • Dimissione dopo 3-4 giorni e proseguimento della riabilitazione in regime ambulatoriale.

Cosa succede quando il paziente viene dimesso?

Il paziente, una volta dimesso, sarà in grado di muoversi autonomamente all’interno della stanza, di salire e scendere le scale e di eseguire le attività quotidiane di base (utilizzando i bastoni canadesi avrà un’autonomia di almeno 50 mt). A seguito della Fast Track il paziente sarà consapevole di essersi sottoposto ad un trattamento di sicura efficacia e, soddisfatto del risultato, guarderà con meno diffidenza l’eventualità di un impianto protesico sull’articolazione controlaterale danneggiata dall’artrosi.

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