Reflusso gastroesofageo: come curarlo?

Pubblicato il: 24/03/2022 Editato da: Sharon Campolongo il 12/04/2022

Il reflusso gastroesofageo, propriamente definito, si verifica quando il contenuto dello stomaco (succhi gastrici o ingesti) risale in esofago e/o nel cavo orale. Non si tratta del vomito che è un fenomeno violento e chiaramente percepito dal paziente, ma di una manifestazione a volte silenziosa e, a volte, mascherata da sintomi di difficile interpretazione. Il reflusso di acido nell’esofago, entro certi limiti, è fisiologico ed avviene comunemente durante la giornata, specialmente dopo mangiato. Quando invece vi è un incremento numerico e di durata di questi episodi si entra nel campo della patologia

Quali sono i fattori di rischio?

È una condizione che colpisce circa il 10-20% della popolazione in Europa ed è ascrivibile a diversi fattori. La riduzione del tono dello sfintere esofageo inferiore (zona di passaggio tra esofago e stomaco) determina la risalita degli acidi in esofago in grado di causare in alcuni casi erosioni (35%), ulcere o stenosi (3-5%). Il normale tono dello sfintere esofageo è influenzato dalla dieta, dal ciclo ormonale e da alcuni farmaci; inoltre, in considerazione dell’aumento della pressione addominale, le persone sovrappeso e le donne in gravidanza sono maggiormente a rischio per lo sviluppo della patologia.

Quali sono i sintomi più comuni?

I sintomi tipici della malattia includono:

  • Bruciore retrosternale: anche chiamato pirosi retrosternale, quella che genericamente i pazienti definiscono "acidità di stomaco" può coinvolgere anche la schiena nella regione tra le scapole;
  • Reflusso evidente: la sensazione cioè di percepire amaro oppure acido in bocca. Questo sintomo non è da confondere con il rigurgito che, invece, indica il ritorno verso la bocca di alimenti deglutiti che però nel caso del rigurgito non hanno mai raggiunto lo stomaco, essendosi cioè fermati nell'esofago.

I sintomi “atipici” sono: 

I soli sintomi tipici sono sufficienti per fare diagnosi ed impostare una terapia medica. Se non vi è riscontro di beneficio clinico una volta iniziato il trattamento o si riscontra l’insorgenza di dimagrimento, debolezza, anemia si rendono necessari approfondimenti.

A che tipo di esami bisogna sottoporsi per una corretta diagnosi?

I pazienti che hanno iniziato un trattamento ma non hanno avuto nessuna miglioria, dovranno sottoporsi ad alcuni esami come:

  • Radiografia delle prime vie dell’apparato digerente con mezzo di contrasto: il paziente viene invitato a deglutire una piccola quantità di mezzo di contrasto idrosolubile, al fine di visualizzare la morfologia e la capacità di scarico di esofago stomaco e duodeno;
  • Esofago-gastro-duodenoscopia (EGDS): si tratta di un esame endoscopico che prevede l’introduzione, da svegli o in leggera sedazione, di una sonda in grado di trasmettere le immagini del nostro intestino grazie alla presenza di una piccola telecamera alla sua estremità;
  • Manometria esofagea: evidenzia, tramite una sonda introdotta nelle alte vie, eventuali alterazioni nei movimenti dell’esofago (peristalsi) al passaggio di una piccola quantità di acqua bevuta dal paziente;
  • pH-impedenziometria delle 24 ore: anche in questo caso tramite una piccola sonda introdotta dal naso fino in esofago consente di monitorare nelle 24 ore la frequenza e la quantità del reflusso.

    ragazza che non si sente bene

     

Quali sono le possibili terapie?

I capisaldi della terapia iniziale sono:

  • Osservare una corretta alimentazione e curare lo stile di vita riducendo il peso corporeo, evitando il fumo e gli alimenti che potrebbero peggiorare l’acidità come cioccolata, menta, caffè, alcolici, pomodoro, agrumi;
  • Evitare di distendersi subito dopo i pasti, soprattutto quando pesanti o abbondanti (sarebbe necessario attendere almeno 3 ore) e di consumare un pasto leggero alla sera.

Se nonostante questi accorgimenti la sintomatologia permane si può considerare l’impiego di farmaci come:

  • Gli H2 antagonisti riducono la quantità di acido prodotta dallo stomaco. Tra i vantaggi la rapidità d’azione, sono facilmente assorbiti dallo stomaco, e la lunga durata d’azione. Vengono in genere prescritti a chi non può assumere inibitori di pompa protonica;
  • Gli inibitori di pompa protonica (omeprazolo, lansoprazolo, rabeprazolo, pantoprazolo, esomeprazolo) hanno anch’essi la capacità di ridurre la produzione acida dello stomaco. Rispetto agli H2 antagonisti richiedono circa 48 ore per dare beneficio, risultano in generale più efficaci, soprattutto nella prevenzione e cura delle complicanze causate dal reflusso a livello dell’esofago;
  • I procinetici: hanno la capacità di incentivare il movimento (peristalsi) dell’esofago e dello stomaco, limitando il reflusso specialmente se assunti in corrispondenza dei pasti. In considerazione dei possibili effetti collaterali è sempre bene consultare il medico che saprà indicare il principio attivo più adeguato da assumere.

La chirurgia per il trattamento del reflusso gastroesofageo è da considerarsi l’ultima risorsa da prendere in considerazione. Generalmente è riservata ai pazienti che non riescono ad ottenere un buon controllo della patologia con l’assunzione dei farmaci o che hanno patologie associate come ernie iatali di grandi dimensioni. La procedura comunemente più utilizzata è la fundoplicatio laparoscopica che cingendo lo sfintere esofageo con il fondo dello stomaco cerca di prevenire il reflusso acido in esofago. Prima di procedere alla chirurgia sono necessari tutti gli approfondimenti diagnostici prima menzionati.

Come prevenire il reflusso gastroesofageo?

Possiamo prevenire la malattia da reflusso gastroesofageo adontando uno stile di vita sano, osservando una dieta equilibrata (andrebbero evitati alimenti ricchi di grassi o “reflussogeni” come cioccolata, menta, caffè, alcolici, pomodoro, agrumi, cibi fritti) e cercando di non scivolare nel sovrappeso o nell’obesità. 

Chirurgia Generale a Roma

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