Sindrome del Colon Irritabile: quanto influisce lo stress?
La sindrome dell'intestino irritabile (IBS) è un disturbo cronico, e spesso debilitante, definita da criteri diagnostici (noti come "criteri di Roma”). Approfondiamo l’argomento con il Dott. Luca De Luca, specialista in Gastroenterologia a Milano
Manifestazione e Diagnosi
La sindrome dell'intestino irritabile si manifesta con dolori addominali ricorrenti associati ad un cambiamento nella frequenza dell’evacuazione e della consistenza delle feci.
Un’accurata anamnesi, cioè interrogare attentamente il paziente facendo un resoconto puntuale della storia clinica, e l’esclusione dei sintomi di allarme, rappresenta senz’altro la stella polare che deve orientarci verso il sospetto diagnostico di IBS. Non dobbiamo dimenticare che la diagnosi di IBS è sempre di “esclusione” dopo aver effettuato un appropriato iter diagnostico che in alcuni casi può prevedere anche l’esecuzione di una colonscopia.
I fattori di rischio
Stress, alimentazione scorretta e vita sedentaria rappresentano i principali fattori “trigger” nello sviluppo dei sintomi. L'attività fisica moderata, utile ad allenare l'intestino a una certa motilità fisiologica, e la limitazione dei fattori di stress, o una loro migliore gestione, costituiscono una delle armi migliori contro la colite. Importante ricordare come le più recenti linee guida raccomandano anche una attenta valutazione delle comorbidità psicologiche.
Che ruolo gioca lo stress?
Lo stress può essere responsabile di sintomi gastro-intestinali cosiddetti funzionali (cioè senza una malattia organica rilevabile) perché parte di una raffinata e complessa relazione tra intestino e cervello, 2 organi che dialogano continuamente attraverso un fitto traffico di sostanze chimiche ed ormoni. Non è un caso che chi ha una personalità emotiva più sensibile soffra maggiormente di mal di pancia. Quindi la nostra pancia è un “cervello emozionale” che ci parla e noi parliamo a lei.
Come gestire l’IBS attraverso la dieta
Nella gestione dell’IBS bisogna sicuramente iniziare seguendo le basilari norme igienico-dietetiche e comportamentali. Piatti semplici, non elaborati, metodi di cottura sani, da gustare in perfetta tranquillità. È importante cercare di capire se esiste una relazione tra l’assunzione di qualche specifico alimento e l’eventuale peggioramento di alcuni dei sintomi lamentati. A tal proposito può essere utile la compilazione di un diario alimentare in cui correlare i disturbi con l’ingestione di determinati alimenti. Un valido approccio di “seconda linea” invece è rappresentato da una dieta a basso contenuto di zuccheri fermentabili (definiti FODMAP).
L’alimentazione, quindi, è un'arma in più che è tanto più potente quanto più si vive meglio. Per esempio, è decisamente inutile occuparsi di mangiare bene se poi si fuma, si ha una vita totalmente sedentaria, ci si concede troppo spesso agli alcolici ecc.
Opzioni di trattamento
Per quanto riguarda il trattamento, l’uso di fibre solubili, farmaci che stimolano la secrezione ghiandolare, terapie psicologiche e l’utilizzo di antibiotici ad azione selettiva sull’intestino (rifaximina). È stata ottenuta una raccomandazione condizionale anche per l’utilizzo di probiotici, lassativi osmotici (PEG), antispastici, e, solo in specifici sottotipi di IBS, antagonisti 5-HT3, agonisti 5-HT4.
Nei casi di alvo prevalentemente diarroico un approccio empirico con farmaci che sequestrano gli acidi biliari (es. colestiramina) oppure gli antagonisti oppioidi come ad esempio la loperamide può essere ragionevole. In sottogruppi di pazienti selezionati dove è particolarmente impattante la disfunzione dell’interazione intestino-cervello l’approccio con terapie psicologiche e non (antidepressivi triciclici, inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina) si è dimostrato efficace e sicuro nel miglioramento/remissione dei sintomi