Una rete collaborativa di Centri per la preservazione della fertilità
Autore:Nel precedente articolo abbiamo parlato della maternità dopo il tumore e dei programmi di preservazione della fertilità: ad oggi è stata costruita anche in Italia, sul modello di altri paesi europei come la Germania, una rete collaborativa di Centri in grado di mettere in contatto i reparti di oncologia con i reparti di ginecologia specializzati in PMA. Ne parliamo in questo articolo con la Dott.ssa Alessandra Vucetich, esperta in Ostetricia e Ginecologia
Preservazione della fertilità
La preservazione della fertilità nella paziente oncologica, passa necessariamente dalle tecniche messe a punto per la PMA: la soluzione più standardizzata consiste infatti nella stimolazione ovarica con recupero degli ovociti della donna e crioconservazione in azoto liquido di questi per tutto il tempo necessario (anche 10 – 15 anni). In realtà la procedura è analoga a quella di preservazione della fertilità maschile mediante raccolta, stoccaggio e conservazione in azoto liquido di campioni seminali del paziente prima dell’inizio delle terapie oncologiche, procedura frequentemente messa in opera già da svariati decenni. La conservazione degli ovociti è solo il primo passo verso il progetto maternità. Le possibilità di successo, in un tempo successivo alla guarigione, sono molto buone, ma condizionate innanzitutto dall'età della donna: declinano con il procedere dell'età, in particolare dopo i 35 anni, fino a scomparire quasi del tutto dopo i 42 anni.
Ci sono altre possibilità di preservazione della fertilità, che però sono ancora, se non sperimentali, poco utilizzate: in particolare il prelievo di piccole fettine di tessuto ovarico conservate poi in azoto liquido (quindi criopreservate) che possono poi essere reimpiantate e rese nuovamente funzionali a guarigione avvenuta. Questa procedura viene effettuata però solo in alcuni centri italiani. I riferimenti dei centri specializzati possono essere recuperati nei siti di associazioni che si occupano di preservazione della fertilità, come pro – FERT o l’associazione CECOS Italia, che ne segnalano anche la mappatura regionale aggiornata.
Un’arma in più: mettere a riposo assoluto la funzione ovarica
A disposizione delle pazienti oncologiche, c'è anche un'altra arma, di nuovo frutto dell'eccellenza italiana nella ricerca: un farmaco a base di ormoni sintetici (somministrato prima e durante la chemioterapia, per iniezione intramuscolare) che mette a riposo le ovaie durante le cure, così che gli ovociti rimangano protetti pur restando nella loro sede naturale. Si tratta di una terapia messa a punto al San Martino di Genova dal gruppo della dottoressa Lucia Del Mastro, che può anche affiancarsi al prelievo degli ovociti, a meno che questo ultimo non sia possibile (perché non è possibile ritardare le cure attendendo gli effetti del ciclo di stimolazione ormonale, perché la donna ha paura di sottoporsi a stimolazione e prelievo o non è motivata a farlo).
Il vantaggio di usare entrambe le possibilità terapeutiche sta nell'aumento della probabilità di avere un figlio, oltre alla possibilità di preservare anche la funzionalità delle ovaie e quindi evitare la menopausa precoce, con tutte le sue conseguenze (osteoporosi, malattia cardiache, scompensi metabolici, vampate…) Il farmaco per la prevenzione della perdita di fertilità, è ormai diffuso in tutti i centri di senologia italiani e quindi per le donne colpite da tumore mammario viene rimborsato dal Sistema Sanitario Nazionale, come accade per il farmaco utilizzato per la stimolazione ormonale.
E se la fertilità non è stata preservata?
E se la donna ha curato efficacemente una patologia oncologica in passato, ma non ha avuto modo di accedere alle tecniche di preservazione della fertilità? Non deve perdere la speranza di diventare madre, perché c'è comunque una possibilità: il ricorso alla donazione di ovociti (quindi alla fecondazione eterologa), la procedura di fatto più efficace per ottenere una gravidanza. L'Italia è ancora un paese con tante difficoltà rispetto all'attuazione di questo percorso, nonostante in molte regioni sia stato inserito nei LEA (livelli essenziali di assistenza): al momento, è possibile venire incontro alle pazienti solo attraverso la collaborazione di centri italiani e centri esteri dove la legislazione è più efficace nel favorire l'ovodonazione, centri selezionati comunque per la loro eccellenza dagli specialisti di fecondazione assistita di casa nostra, coloro che più possono rappresentare una guida sicura nel consigliare ed assistere la paziente quando intraprende un cammino tutt'altro che semplice.