Novità nel trattamento delle patologie prostatiche

Novità nel trattamento delle patologie prostatiche

Editato da: Serena Silvia Ponso il 02/10/2023

Grazie a numerosi studi sono stati introdotti nuovi e più precisi metodi per diagnosticare e trattare il tumore alla prostata in maniera poco invasiva. Di questo e altro ancora ci parla il nostro esperto in Urologia a Bari, Il Dott. Antonio Tempesta

Che novità ci sono nella diagnosi del cancro alla prostata?

Il tumore alla prostata è il cancro più frequentemente diagnosticato negli uomini, e si prevede un aumento del numero dei casi nei prossimi anni. Un uomo su 6 svilupperà un cancro alla prostata nel corso della sua vita. Attualmente non esiste un indicatore ideale per diagnosticare il tumore alla prostata, e fino a pochi anni fa potevamo solamente contare sull’antigene prostatico specifico (P.S.A.), che ha come inconveniente il fatto di accrescere il suo valore con qualsiasi patologia della prostata (infezione, infiammazione, iperplasia benigna o cancro); perciò molti uomini che effettuano una biopsia della prostata con il PSA alto non incontreranno un cancro ma tuttavia possono presentare complicanze (infezione, sanguinamento ecc.).

Nel 2009 si è poi diffuso in alcuni centri l'antigene tumorale prostatico 3 (PCA3), che è un indicatore che si studia nell’urina degli uomini e che si alza solo in coloro che hanno un cancro alla prostata. Questo test permette di identificare i pazienti che necessitano di una biopsia della prostata: gli uomini con un PCA3 che supera il 35 devono eseguire una biopsia, mentre quelli che lo hanno inferiore hanno meno possibilità di contrarre un cancro. Anche se il PCA3 è meglio del PSA nell’identificazione dei pazienti con un tumore alla prostata, fino al 20% dei casi con il PCA3 inferiore a 35 manifesteranno un cancro alla prostata in futuro.

Sempre nel 2009 sono stati realizzati controlli con il PCA3 in 175 uomini con PSA maggiore a 4, e che quindi sono stati sottoposti a biopsia prostatica. In 78 casi il PCA3 era superiore a 35, perciò per questi pazienti è stata consigliata la biopsia, mentre in 97 casi il PCA3 era inferiore a 35, e per questo motivo è stata rinviata. Nei casi in cui è stata eseguita la biopsia, il 64% dei pazienti ha manifestato un cancro o una lesione precancerosa. Dei 97 casi con PCA3 inferiore a 35 è stato riscontrato un tumore solo nel 5%. Il PCA3 ha evitato la biopsia al 37% dei casi con un PSA elevato.

Che novità ci sono nel trattamento dell’iperplasia benigna della prostata?

La recente introduzione del laser al Tullio di 200W è stata di grande importanza nel trattamento delle malattie benigne della prostata e delle sue patologie associate, come ad esempio i calcoli vescicali.

La grande potenza che possiede questo laser lo converte nel trattamento ideale per i pazienti con prostate maggiori a 150cc, poiché riduce molto il tempo dell’intervento. Il laser al Tullio di 200W recide con una grande efficacia e ha un maggiore potere di emostasi in confronto al laser ad Olmio, a causa del suo minore assorbimento del liquido utilizzato durante il procedimento. Allo stesso tempo ha anche un buon tasso di vaporizzazione nel caso fosse necessario. Questo sistema è l’innovazione tecnologia più recente nei sistemi laser per la chirurgia.

 L’utilizzo del laser al Tullio con una fibra frontale permette di realizzare una tecnica molto innovativa, la vaporesezione della prostata, che permette di ottenere frammenti di tessuto con cui effettuare la biopsia, a differenza del laser verde che effettua solo la vaporizzazione del tessuto senza poter analizzare lo stesso.

Questo laser permette di trattare pazienti con prostate molto voluminose con solo 24 ore di ricovero; e per i pazienti affetti da ipertrofia prostatica che presentano calcoli vescicali permette di trattare questi calcoli nello stesso momento in cui viene trattata la prostata, evitando quindi un intervento a cielo aperto. Lo stesso procedimento si utilizza per effettuare piccole resezioni dei tessuti come per la stenosi uretrale o l’asportazione di un piccolo tumore al rene per via laparoscopica, che permette di ridurre il sanguinamento chirurgico.

Che novità ci sono nel trattamento del cancro alla prostata?

Studi comparativi hanno mostrato che i trattamenti chirurgici (chirurgia aperta, laparoscopica o robotica) offrono gli stessi risultati riguardo al controllo del cancro e agli effetti secondari (impotenza e incontinenza). Questi risultati dipendono fondamentalmente dall’esperienza del chirurgo. Questo significa che un chirurgo con esperienza in chirurgia a cielo aperto ha gli stessi risultati e complicanze di un chirurgo con esperienza in chirurgia laparoscopica o robotica.

Tuttavia, quando si analizzano i costi, la chirurgia robotica risulta essere molto più cara della chirurgia a cielo aperto o di quella laparoscopica. Uno studio di meta-analisi mostra che nei pazienti con tumore localizzato della prostata (a basso rischio) i risultati del trattamento con brachiterapia allo Iodio 125 sono superiori (maggiore percentuale di cura) rispetto ai pazienti trattati con chirurgia (a cielo aperto, laparoscopica o robotica). Tuttavia, per quanto riguarda gli effetti secondari, la brachiterapia offre molta meno incidenza di disfunzione erettile e l’assenza di incontinenza urinaria. Il ricovero è di 12 ore e i pazienti possono ritornare a svolgere le loro attività abituali dopo 24-48 ore dal trattamento.

 

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Urologia a Bari