Sindrome da intestino irritabile: controllo dei sintomi con dieta di esclusione FODMAP

Pubblicato il: 11/04/2023 Editato da: Sharon Campolongo il 11/04/2023

La sindrome da intestino irritabile interessa circa il 7-9 % della popolazione italiana con una prevalenza nel sesso femminile, doppia rispetto a quella maschile. Approfondiamo l’argomento con il Prof. Samir Giuseppe Sukkar, specialista in Gastroenterologia

Che cos’è la sindrome da intestino irritabile?

La sindrome da intestino irritabile è un disordine funzionale dell’apparato gastrointestinale principalmente caratterizzato da crampi, dolori addominali, nausea, stipsi o al contrario la diarrea.

Si tratta di una malattia che può limitare la vita sociale ed essere motivo di profondo malessere tanto che soffrirne, secondo le stime, ha un impatto molto negativo sulla qualità di vita potendo indurre ansia e depressione tra coloro predisposti o peggiorare tali condizioni in chi già ne soffre.

persona che mangia un hamburger ma ha dolori addominali

Quali sono le cause della sindrome da intestino irritabile?

Tutt’ora non ci sono certezze sulle cause scatenanti tale disturbo: molto probabilmente il colon delle persone affette è più sensibile e reattivo nei confronti di determinati alimenti e molto probabilmente anche il sistema immunitario gioca un ruolo chiave nello scatenarsi della sindrome.

Infatti, in base alla situazione di ogni persona gli alimenti sono in grado di peggiorare i sintomi o al contrario di tenerli sotto controllo. Pertanto, è necessaria la stesura di un diario alimentare, dove è possibile annotare gli alimenti che non procurano peggioramento del proprio quadro sintomatologico o, al contrario, che lo inducono.

Come trattare tale disturbo?

I farmaci a disposizione agiscono per lo più sui sintomi: di caso in caso si può provare a dare sollievo al sintomo più fastidioso con un antidiarroico se il sintomo peggiore è la diarrea, con un antispastico se i sintomi prevalenti sono i dolori addominali, con presidi per controllare il gonfiore se la distensione gastrica diventa insopportabile e così via.

Tuttavia, oggi è disponibile un approccio alimentare basato sull’esclusione di alcuni alimenti e il loro progressivo reinserimento per individuare gli elementi scatenanti i sintomi sino alla stesura di un piano alimentare personalizzato. Tale approccio non viene utilizzato molto clinicamente, ma gode di grande attenzione in termini di ricerca, con risultati che la rendono molto valida.

In che cosa consiste l’approccio FODMAP?

Si tratta di una dieta che prende il nome dai carboidrati alimentari a catena corta (oligosaccaridi fermentabili, disaccaridi, monosaccaridi e polioli), che non vengono assorbiti dall’intestino tenue e quando giungono nel crasso subiscono un processo di fermentazione ad opera dei batteri intestinali che li digeriscono, producendo alcuni gas come idrogeno e metano e altri prodotti del metabolismo batterico.

Se in un soggetto sano si tratta di un processo normale che non provoca alcun fastidio, in alcuni pazienti con colon irritabile o malattie infiammatorie dell’intestino possono peggiorare i sintomi in quanto presentano quella che viene chiamata “ipersensibilità viscerale”.

Dove si trovano esattamente i FODMAP?

Questi carboidrati alimentari a catena corta si trovano in grano e cereali, e in alcuni tipi di frutta come mele, albicocche, ciliege, fichi mango, pere, pesche, prugne e anguria. Tra le verdure ne contengono in quantità rilevante carciofi, broccoli, cavoli, funghi, piselli, cipolle e aglio.

In questa dieta, vengono proibiti latte e latticini, dolcificanti artificiali e prebiotici.

Per questo, è fondamentale che la dieta venga stabilita da uno specialista in materia, dato che un’alimentazione così ristretta a carne, pesce e uova potrebbe indurre un’alterazione del microbiota e una malnutrizione.

Il fai da te in questi casi potrebbe provocare:

  • Malnutrizione
  • Impoverimento della flora batterica intestinale
  • Stitichezza
Gastroenterologia a Genova

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